Ricomincia la prospettiva delle chiusure, l’Italia è a strisce, ma non quelle della nostra bandiera. Il malcontento è nell’aria, la gente sa cosa la aspetta. I social si popolano di plemiche tra “state a casa” e ogni lasciata è persa. Ecceggiano di nuovo gli eroi in corsia e chi dice che i numeri sono gonfiati.
Che Natale sarà?
Ho impresso, come tutti i genitori, le prime parole di mio figlio, quelle tanto attese: mamma, papà e… GEL. Prima di nonna, tato, bibe è comparso il termine GEL. Ognuno è figlio del proprio tempo, si dice, ma non so se mi piaccia che sul podio delle prime parole, i primi concetti, sia salito anche l’igenizzante.
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Che natale sarà? Difficile dirlo o anche solo immaginarlo. Per tanti sarà un Natale senza un parente o un amico, per altri un Natale segnato dall’incertezza economica e la paura del futuro, per tutti (crediamo) sarà un Natale dove riscoprire un contatto intimo con se stessi e con gli altri.
Ricordo chi in primavera prendeva a testate la porta di ingresso o cercava di infilarsi nelle sbarre del balcone cercando di evadere da una casa diventata troppo stretta ogni volta che un adulto uscive per fare la spesa o buttare la spazzatura.
Ogni tanto torna alla memoria di mio figlio quella volta in cui “la polizia ci ha sgridato tantissimo perchè eravamo tutti insieme fuori”. Mamma e papà con i bimbi all’aperto, erano considerati assembramento, e ci hanno intimato multa e denuncia. E neppure questo vorrei che rimanesse nella testa di mio figlio. Vorrei fosse certo che stare con la mamma e il papà non è una cosa illegale, tanto da essere fermati dalle forze dell’ordine. Ma non sono sicura che la sua percezione sia questa.
Così, di fronte all’incertezza del Natale che verrà torno a scrivere una lettera a una persona speciale, come si faceva quando tutti i sogni erano possibili.
“Caro Gesù bambino,
Anche quest’anno il 25 dicembre arriverai tra noi portandoci i tuoi doni. Quest’anno ti scrivo una lettera lunga e molto difficile da realizzare. Ma se non le domando a te le azioni difficili, a chi mi posso rivolgere?
Intanto vorrei che le persone guarissero. Guarissero dall’egoismo e dalla paura che paralizza e non apre il cuore.
Vorrei che le persone imparassero a vedere. Vorrei che vedessero l’amore che li circonda e non solo i problemi.
Vorrei che imparassero a usare la bocca per dare baci e non per sparlare e le braccia per abbracciare (lo dice la parola, più chiaro di così!) non per bastonare il prossimo.
Vorrei arrivassero all’ultimo giorno sereni, sapendo di aver fatto tutto e di averlo fatto bene. Senza rimpianti.
Vorrei piovesse una neve speciale, che faccia nuove tutte le cose e insegni a tirare fuori qualcosa di buono anche quando si raschia il fondo.
Te l’avevo detto, quest’anno ti scrivo una lettera molto corposa.
Intanto fremo per preparare l’albero, dipingere gli addobbi, accendere le luci, decorare le porte e le finestre, una stalla per accoglierti. E mentre lo faccio, penso a te, con gli occhi pieni di certezze. Come i bambini che chiedono i regali e sanno già che mamma e papà non glieli negheranno.”
Buon Natale a tutti
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