Christian Zorico (162)
Un’altra settimana è trascorsa sotto i riflettori macro: mercoledi la Federal Reserve e venerdi la Bank of Japan hanno esplicitato la loro politica monetaria.
Cosi la FED, mercoledì 28 ottobre, al termine dei due giorni di lavoro, appare meno accomodante rispetto a quanto non fosse stata nel meeting di settembre, giudicando più remoti i timori di un rallentamento globale dovuto alla Cina e della sopravvenuta volatilità dei mercati finanziari. In un tentativo disperato di recuperare il disastro comunicativo di settembre, dall’ultimo comunicato della FED, si evince che una forte attenzione sarà dedicata ai dati futuri: piu’ probabile un rialzo dei tassi già a dicembre, con una probabilità che il mercato ora sconta al 50%.
Nel prossimo numero dello specchietto retrovisore leggeremo assieme la fitta settimana di dati in US, soffermandoci soprattutto sui dati dell’occupazione (giovedì 5 novembre occhi puntati sui jobless claim, venerdì 6 sul dato della disoccupazione atteso ancora al precedente livello del 5.1% e soprattutto ai Nonfarm Payrolls previsti a 180.000 unità). Sin da ora però mi farebbe piacere riflettere su un paio di argomenti: la ridotta liquidità del mese di dicembre (a pochi giorni da Natale) peserà molto sulla decisione finale della FED e un dollaro eventualmente più forte, in grado di mortificare il prezzo delle materie prime, avrà i suoi effetti sulla parte lunga della curva dei tassi di interesse.
La Bank of Japan, dal canto suo, non ha ampliato il suo programma di quantitative easing malgrado gli ultimi dati, su inflazione e crescita, lasciassero aperta la porta per un ulteriore intervento. Ora la parola passa alla politica fiscale per poter dare ulteriore slancio agli obiettivi economici. Quello che appare sin da ora chiaro è la potenziale divergenza tra le politiche espansive della BoJ e della BCE: l’estrema dovishness della BCE sembra poter prendere il sopravvento rispetto alla BoJ e pertanto riflettersi sul cambio EURJPY. In questo contesto, mi viene comunque da pensare alla frase coniata dal governatore della Banca di Italia, Guido Carli, quando asseriva che “il cavallo non beve”, esprimendo il limite strutturale di un’economia che per quanto innaffiata di liquidità, stenta a raggiungere gli obiettivi di politica economica preposti.
Infine, mentre scrivo questo specchietto retrovisore, guardo ai dati pubblicati dall’Ufficio Nazionale di Statistica in Cina: pubblicato il PMI (purchasing managers index) fermo ancora al 49.8, come in settembre e per la terza volta sotto la soglia dei 50, considerata come demarcazione tra espansione e contrazione. L’intervento della Banca Centrale Cinese ancora non mostra i suoi frutti, sebbene la lettura del dato suggerisce come gli ordini relativi alle nuove costruzioni siano saliti del 5.5%.
Appuntamento a lunedì prossimo.