Lo Specchietto Retrovisore – 03/07/2016

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Christian Zorico (162)

 

 

 

Immagine3La settimana successiva al referendum che ha deciso per l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, si è dipanata in una corsa agli acquisti senza sosta. Nello specifico, il credito che aveva corretto per lo più nei prezzi dei derivati, ha vissuto non solo un forte recupero, ma l’evidenza di una scarsità di “carta” da acquistare. Infatti così come nella fase di risk off si era dimostrato essere un’asset class resiliente, anche nella fase di recupero gli sono bastati pochi scambi per riportarsi ai livelli pre-Brexit. Evidentemente con le opportune differenze, visto che durante la settimana sia Deutsche Bank che Banco Santander non hanno superato gli stress test sulla capitalizzazione imposti dalla FED per l’esercizio delle loro unità negli Stati Uniti. Inoltre, la spia di allarme sul cruscotto dell’intero sistema finanziario si è riaccesa per le banche italiane, nonostante Atlante e nonostante alcuni istituti di credito abbiano già effettuato un aumento di capitale.

Sono stati comunque gli indici di borsa ad aver recuperato gli scivoloni di venerdì e lunedì scorso, in maniera più significativa. Ovviamente l’indice inglese ha ruggito più di tutti gli altri visto il deprezzamento della sterlina e dopo le parole del governatore della Bank Of England, Mark Carney, che ha chiaramente dichiarato di essere pronto a supportare l’economia già durante l’estate con operazioni di stimolo.

Mark Carney governatore della Bank Of England.
Mark Carney governatore della Bank Of England.

Con una chiusura sopra il 7% l’indice FTSE100 segna il maggior guadagno settimale sin dal dicembre 2011.

Bene anche i dati europei sulla disoccupazione, vista ancora in calo al 10.1% per il mese di maggio rispetto al 10.2%  di aprile.

Il future sull’S&P500 nuovamente sopra la soglia psicologica dei 2100 punti che, in questo clima di profonda incertezza, rappresenta comunque un dato su cui riflettere.

La caccia di rendimenti da parte degli investitori porta a segnare sempre nuovi minimi sulle curve governative e al tempo stesso ogni correzione sembra essere un’occasione di ingresso.

Nelle prossime settimane sarà fondamentale capire l’andamento del dollaro. Una forza relativa contro le altre valute, porterebbe infatti nuovi dubbi sulle economie emergenti e su Cina prima di tutto. Inoltre, la corsa delle materie prime potrebbe subire un freno dal dollaro più forte, sebbene le dinamiche tra domanda e offerta almeno su OIL sembrano essere più in equilibrio nelle ultime settimane.

Grafico_US 10 Y_da Investing.comDiversi minuti di silenzio meriterebbero la sequenza spietata degli attentati a cui siamo stati “abituati” negli ultimi giorni. Instanbul, Dacca e infine Bagdad ci regalano la fotografia che siamo dinanzi ad una guerra non tra religioni, ma nelle religioni. Coglie l’attenzione questo rarefatto senso di abitudine. In altri tempi, i mercati reagivano sulla notizia, poi controreagivano a seconda della gravità. Ora invece non si avverte nulla nelle contrattazioni frenetiche. Forse, anche giustamente, il corso azionario di una azienda farmaceutica non ha nulla da condividere con questi attentati. Razionalmente è giusto che non ci sia reazione alcuna. Quello però che non si vede nei listini, ma che lascia traccia nel mondo reale, è la percezione di sgomento e di incertezza. La sensazione di mancanza di protezione, l’insorgere di evidenti forze nazionaliste che fanno della paura dell’immigrato la forza per campagne elettorali di pancia. Tutto questo non si avverte nei listini azionari, ma quando quando prendiamo atto che il decennale americano è scambiato sotto l’1.5% è evidente che il clima è tempestato da incertezza. Ancora una volta siamo al cospetto di una scarsità di “carta” safe e della voglia di protezione da parte degli investitori. Io consiglio di esporsi sulla volatilità. Al momento rappresenta la migliore copertura possibile. Tornata sui minimi di periodo, può offrire davvero protezione nel momento in cui nessun rischio sembra essere adeguatamente prezzato.

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