Christian Zorico (162)
La prima immagine che ci appare guardando questa settimana nello “Specchietto retrovisore” è sicuramente legata al bel tempo; probabilmente perchè mi ritrovo a scrivere queste righe in un weekend autunnale, in Ticino, contraddistinto dai suoi colori caldi riflessi nel lago, insieme ai raggi di sole che riscaldano l’aria. Questa atmosfera sicuramente condiziona la mia percezione della realtà, ma di fatto non la amplifica minimamente. Già perché, malgrado le notizie provenienti dal micro non fossero incoraggianti e i dati macro abbiano continuato ad essere deludenti, sulla scia delle precedenti settimane si è assistito ad un forte recupero delle asset class più rischiose, un bear steepening della curva dollaro, con il 10 anni americano che ha superato il 2.10% di rendimento. In particolare il movimento dell’OIL (il contratto di novembre del WTI si è apprezzato quasi del 9% durante la settimana) ha influenzato positivamente l’andamento delle borse e, per contro, ha alzato le aspettative di inflazione. Pertanto è bastato che il prezzo del petrolio e delle materie prime rimbalzassero dai minimi di settimana scorsa, affinché il mercato riprezzasse il rischio deflazione. Sicuramente la psicologia dei mercati è stata profondamente diversa rispetto a quanto abbiamo evidenziato nelle precedenti settimane.
Da un lato, Deutsche Bank si aspetta di riportare una perdita per il trimestre di 6.2bn di euro (a seguito di svalutazioni e accantonamento spese legali, una delle perdite più ampie nei tre mesi negli ultimi 10 anni), in grado di condizionare fortemente il pagamento del prossimo dividendo. Dall’altro, Alcoa (la prima società a riportare nella stagione degli utili delle compagnie americane) ha riportato utili e ricavi sotto le attese, in uno scenario per il 2015 fortemente destabilizzato dall’effetto Cina, pur migliorando le stime per il 2016. Tutto questo insieme ai Machinery orders in Giappone e una bilancia commerciale tedesca in forte flessione ad Agosto (che riflette pertanto solo il rallentamento della Cina ma non l’episodio Volkswagen) avrebbero potuto fortemente pesare sull’andamento degli indici azionari. Invece, come abbiamo accennato, il nuovo vigore del petrolio che ha risentito positivamente di una previsione dell’OPEC relativa all’aumento della domanda per il 2016 superiore alle attese (1.5 mln di barili al giorno) e dell’intenzione dell’Arabia Saudita di voler alzare il prezzo di vendita ufficiale in novembre, assieme al tono accomodante delle principali Banche Centrali, hanno galvanizzato gli umori degli investitori con gli indici che misurano il sentiment dei Bull tornato ai livelli di marzo. Appare quasi assurdo poter rileggere quanto accaduto in settimana come positivo, dopo che avevamo messo in risalto come l’atteggiamento dovish della FED avesse in qualche modo spaventato i mercati e soprattutto come il rimbalzo del petrolio potrebbe anche essere legato piuttosto a fattori tecnici di ricopertura di short e di una debolezza del dollaro che sicuramente ha facilitato il recupero delle materie prime. Attenzione pertanto alle variabili che nello specchietto retrovisore di queste settimane appaiono come le più importanti per spiegare un andamento di medio termine che è davvero difficile da poter immaginare.
Occhi puntati al dollaro, all’Oil, ai livelli che le curve governative possono raggiungere perché, proprio da un’eccessiva aspettativa di un rialzo spostato al 2016 da parte della FED e di un Draghi più accomodante di quanto atteso, si potranno dipanare le prossime reazioni del mercato. Per il momento vorrei evidenziare un passaggio importante nel report speciale redatto dal “G30, Group of Thirty” in occasione del meeting annuale dell’IMF a Lima in Perù, dove viene messo in evidenza ancora una volta come il ruolo delle Banche Centrali dovrebbe essere quello di assicurare la stabilità dei prezzi, al fine di promuovere una crescita forte e sostenibile. Viene tuttavia data enfasi all’allarme già lanciato da Trichet nel suo operato 2003-2011, che dovrebbe essere l’attività congiunta dei governi con le loro politiche fiscali a creare le condizioni necessarie per il raggiungimento degli obiettivi macroeconomici. La lezione che si cela in questi avvertimenti si può riassumere tutta nell’acquisto di tempo da parte delle Banche Centrali. Approfondiremo sicuramente questo argomento nei prossimi appuntamenti.