Tra un divieto sull’ingresso negli Stati Uniti per persone e l’altro sui tablet da spedire rigorosamente nelle stive degli aerei provenienti da 8 Paesi inseriti nella lista nera, era inevitabile giungere al primo vero appuntamento politico della nuova amministrazione Trump. Politica la decisione sull’approvazione della riforma sanitaria, perché si evince il grado di consenso che gode il nuovo Presidente da parte del congresso. Non priva di implicazioni economiche perché presagio di quanto difficile sia l’attuazione dell’intera agenda promessa da Trump. Contabilmente, solo da calcoli ragionieristici, è evidente che il taglio fiscale ora diventa più difficile. Non è pertanto un discorso puramente ideologico. Quando si parla di budget, ci si riferisce più propriamente a regole di prudenza e disciplina fiscale. Ogni annuncio o urla mediatica che proviene da Trump o dal portavoce della Camera dei Rappresentanti, Paul Ryan, sembra perdere credibilità.
Come si traduce questo primo intoppo politico in termini di reazione dei mercati sembra ancora più arduo decifrarlo. La decisione prevista per giovedì e poi rimandata a venerdì su Trumpcare, ha causato una breve correzione dei mercati azionari. Poi gli indici hanno riguadagnato dai minimi di giornata grazie anche all’ennesima rotazione settoriale. Auriferi e soprattutto Servizi e Enti Ospedalieri hanno fatto la loro parte da leone. Nel frattempo i rendimenti del Treasury continuano a segnare nuovi minimi relativi, scontando poche probabilità per un rialzo a Maggio e incorporando una probabilità poco superiore al 50% per il rialzo di Giugno. Una quasi anomalia, visto il piano di rialzi annunciato dalla FED: credibilità limitata e eccessiva dovishness pesano molto sul livelli della curva US.
Ultimo tassello del puzzle? I risultati aziendali hanno segnato nell’ultimo trimestre un buon andamento. Se confermata questa forza negli utili, l’azionario può ancora segnare nuovi massimi. Restano da fare solo due osservazioni, meglio ancora lasciare il giusto spazio a degli interrogativi un po’ contrarian rispetto al consensus che possiamo osservare nelle valutazioni azionarie. Dal punto di vista macro: se è vero che parte del rally dell’equity è stato trainato dalle promesse di Trump, quel target di crescita del 2%-4% probabilmente è più giusto ridimensionarlo tra l’1% e il 2%. L’incentivo fiscale si potrebbe affievolire, attestandosi vicino all’obiettivo portato avanti dalla precedente amministrazione intorno al 30%, di certo lontano dall’ambizioso taglio sulle aziende previsto tra il 15% e il 20%.
E se il micro al momento ci rassicura, ricordiamoci che gli utili sono comunque dei dati che riportano un certo ritardo rispetto allo stato dell’economia. In particolare ai picchi del ciclo si susseguono anche un paio di trimestri in cui le aziende continuano a segnare utili in crescita.
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