Le bolle si sa, sono fatte per scoppiare.
E se nell’appuntamento dedicato alle criptocurrencies avevamo analizzato il fenomeno sia come potenziale investimento che come diretta bolla, abbiamo comunque avvertito come certe dinamiche nella formazione dei prezzi avessero degli elementi tipici dell’euforia. L’esuberanza di tale euforia ha potuto contare anche sulla velocità di propagazione che gli odierni social network dispongono. Insomma, una sorta di mania dei bulbi di tulipano in chiave moderna, capace di connotare il fenomeno per certi aspetti come un potenziale gigantesco “Schema Ponzi“.
La nascita dei futures sui bitcoins, come mezzo più rapido di investimento, si è facilmente tramutato in un efficiente strumento di copertura. Una sorta exit strategy offerta per stemperare un po’ dell’euforia, sicuramente un’opportunità per molti di capitalizzare i propri guadagni.
In poco più di un mese i Bitcoin hanno visto la loro valutazione scendere del 40%.
In soldoni, se ad inizio anno ci volevano 15 mila dollari per acquistare un Bitcoin, nella seduta di venerdì bastavano “solo” 8500 dollari. E sempre in soldoni, credo sia l’enorme volatilità che si celi dietro questa valuta a rendere nervosi gli investitori, soprattutto se si tratta di scommettitori occasionali.
Spesso accade proprio che gli investitori meno qualificati soffrano in maniera più acuta un meccanismo psicologico molto noto anche ai professionisti del settore: l’effetto memoria. Vedere le quotazioni di un asset finanziario salire verticalmente senza soluzione di continuità spinge il proprio inconscio a credere che la situazione possa perdurare per sempre. Correzioni fisiologiche non dovrebbero spaventare, almeno a parole, eppure la capacità di soffrire delle perdite attiene alla propria individualità e non si è mai troppo allenati, spesso perché nel definire i propri target, si commette l’errore di non prefissarsi un orizzonte temporale.
Il mese di gennaio per esempio è stato emozionante, quasi stellare per l’andamento degli indici americani. Così come entusiasmante è stata la performance combinata di diverse asset class nel corso degli ultimi anni potendo oltretutto beneficiare di una volatilità inesistente. Così un’elevata correlazione ha permesso a chi avesse “diversificato”, tra beni rifugio e risky assets, di ottenere risultati positivi in un clima rilassato. Tutto questo ha creato però anche un effetto placebo, e spesso accade che ci dimentichi che alla regia di questo gran bel film c’è il ruolo delle banche centrali.
Se infatti in molti hanno gridato alla bolla dei titoli di stato laddove un’inflazione anche minima inizia a far paura, pochi sono stati al momento gli appelli a considerare gli asset più rischiosi, se non in bolla, in grado di poter correggere dalle valutazioni attuali. Il vicepresidente della Banca Centrale Europea, V. Constancio, ha messo in guardia su alcune possibili bolle in formazione parlando all’ultimo meeting a proposito del prezzo delle abitazioni in alcune aree e del credito, soprattutto quello High Yield.
Forse, dopo un paio di giorni in cui tutto scende, anche i più ottimisti e quelli con i paraocchi, si rendono conto che dopo un Bull market durato trent’anni per i governativi, la possibilità di guadagnare per chi investe in obbligazioni di stato diviene matematicamente risibile.
Per tornare agli investimenti azionari, ignorare la possibilità di rendimenti più alti ai quali scontare gli utili futuri, sarebbe un errore troppo grossolano. Senza dimenticare il fatto che i flussi finanziari, forti di una liquidità enorme, hanno premiato sia gli Asset più rischiosi, che quelli considerati più sicuri. La correlazione, quando salivano, faceva sì che tutto salisse. Qualora dovesse perdurare la stessa correlazione in una fase di correzione, non ne sarei stupito. Più volte abbiamo evidenziato che si tratta della stessa tipologia di investimento.
Proprio quando i dati macro spingono ancora e mostrano un minimo di speranza nelle dinamiche inflazionistiche, è molto probabile quindi che una correzione assuma toni benevoli, perché riporta le quotazioni siano esse azionarie che obbligazionarie, su un territorio più equo e meglio rispondente alla realtà.