A pochi giorni dalla fine del 2018, ci ritroviamo nel momento in cui lo “Specchietto Retrovisore” evidenzia i temi che hanno caratterizzato l’anno che sta per terminare. Non dovrebbe essere una semplice enumerazione di quanto importante abbia caratterizzato l’evolversi dei mercati finanziari. Spero piuttosto possa lasciare il giusto spazio per riflessioni e confronti.
Mi è sempre piaciuto pensare al fatto che non esiste soluzione di continuità tra un anno e l’altro, se non nelle menti artificiosamente condizionate dalla chiusura di un anno solare e dalle performance ad esso riferite.
E pertanto, avendo questo principio in mente, ecco gli argomenti che ritengo degni di maggior attenzione anche perché, la loro portata, potrebbe non essersi esaurita. Siamo dinanzi a qualcosa i cui effetti saranno sicuramente determinanti anche per l’anno avvenire.
1. I flussi
Su tutto l’importanza dei flussi che, come abbiamo avuto modo di osservare ha influenzato negativamente il comportamento di alcune asset class, in particolare il credito. Flussi in uscita dal comparto corporate e governativo che, con le opportune differenze per i Paesi sviluppati e per quelli emergenti, appaiono come una vera inversione di tendenza dopo anni in cui eravamo abituati ad una costante compressione degli spread. Una disaffezione per le obbligazioni che ha trovato nell’atteggiamento monetario più restrittivo della Fed un minor supporto. I mercati hanno anche iniziato a scontare che la Banca Centrale Europea interrompa il suo QE, limitandosi a reinvestire le scadenze dei bond presenti nel proprio bilancio. “Improvvisamente” gli investitori hanno iniziato a porsi ragionevoli domande circa la sostenibilità del debito montato nel corso degli ultimi anni dalle aziende, spinte da un ricorso ai finanziamenti a tassi incredibilmente bassi. Inoltre con i primi segnali di un rallentamento della congiuntura economica mondiale alcuni nomi, non solo legati al mondo high yield, hanno subito una preoccupante correzione. Esemplare è il caso della General Electric. Uno scenario possibile è che ci troveremo al cospetto di questo rischio anche per i prossimi mesi; per quanto un allargamento degli spread possa offrire interessanti opportunità di investimento, sarà cruciale la gestione di asset divenuti non facili da liquidare, con l’aggravante dei numerosi strumenti passivi come gli ETF e i fondi tematici che potrebbero essere costretti a forti redemptions. È l’enorme ammontare di bond classificati giusto un gradino al di sopra della categoria High Yield a preoccupare gli investitori in quanto un probabile downgrade spingerebbe molti asset managers a dover liquidare forzosamente le loro obbligazioni e tutto questo avverrebbe in un contesto in cui il ruolo dei principali market makers è divenuto marginale rispetto alla portata dei flussi sia opportunisticamente e che per ragioni regolamentari.
2. La situazione politica italiana
La situazione politica italiana rappresenta un ulteriore elemento di repricing generale e, per quanto l’attuale governo stia tentando una strada di conciliazione con la Commissione Europea, il percorso intrapreso dalla nuova maggioranza, nei fatti allontana il Paese da obiettivi di crescita e sostenibilità del debito, facendo poco nulla sul fronte degli investimenti strutturali e dell’aumento della produttività. L’Europa tutta è inoltre coinvolta in un movimento disgregatore. Probabilmente si troveranno diversi modi affinché non si giunga ad una crisi difficile da gestire, tuttavia resta un freno per le delicate dinamiche di crescita globale.
3. La Guerra commerciale
Infine la disputa Cina-USA sul fronte dei dazi internazionali. Per quanto sembra evidente sia un tentativo maldestro di ripristinare le forze in campo, il risultato finale al momento appare quello di un deterioramento generale negli scambi internazionali e una diminuita propensione agli investimenti da parte delle aziende perché si muovono in un’ambiente più incerto. Un eventuale allentamento delle tensioni internazionali potrebbe essere a questo punto un trigger positivo per l’andamento dele borse azionarie. Resta evidentemente un tema da monitorare pur nella difficoltà di districarsi tra i numerosi tweet di Trump e le occasioni ufficiali di incontro tra le due potenze.
In tutto questo c’è da osservare che l’economia globale è in rallentamento ma non in recessione, che le Banche Centrali mirano comunque a tenere alta la liquidità sui mercati e che i tassi saranno ancora relativamente bassi. Una situazione ideale per i mercati sarebbe quella di un indebolimento del USD sulle altre valute dovuto ad un rallentamento negli Stati Uniti più forte rispetto agli altri Paesi. Offrirebbe un po’ di ossigeno ai Paesi Emergenti, sarebbe in sintesi in grado di sostenere il mercato delle commodities. E nell’asset allocation, forse sono ancora da premiare le azioni rispetto alle obbligazioni. Magari preferire settori anticiclici e difensivi, titoli con alta visibilità sugli utili e poco indebitate. L’eventuale maggior volatilità la considero un’assicurazione accettabile rispetto alla maggior liquidabilità offerta rispetto agli investimenti obbligazionari.
Christian Zorico: LinkedIn Profile