Pensa all’inflazione. Questo era il suggerimento che veniva dato a Roberto Benigni nel film “Il mostro” affinché potesse rimanere concentrato su qualcosa di tecnico, complicato ai suoi occhi, ed evitare così un coinvolgimento di altri sensi messi duramente alla prova da una commissaria che usa tutte le tecniche di seduzione per incastrarlo. Tutto un susseguirsi di equivoci che rende il film ricco di suspense per un’azione maldestra che non arriva. Non può arrivare: Benigni, quello imbranato, non è il mostro.
E allora nel giorno in cui la Yellen rialza i tassi per la seconda volta nell’anno, viene pubblicato il dato dell’inflazione più basso rispetto a quanto atteso. E allora il mercato “suggerisce” alla Yellen di guardare all’inflazione. Forse è un suggerimento a voce molto alta; la curva del Treasury americano non lascia diverse interpretazioni. Il mercato non crede si tratti solo di un dato passeggero e l’unico modo che ha di comunicarlo è di riprezzarsi pesantemente su livelli più bassi. Quello che conta è la misura attesa di inflazione, misurata dai break-even, come differenza tra il rendimento dei Bond legati all’inflazione e quelli nominali. Si è passati da oltre il 2% a gennaio quando gli investitori scommettevano sulla bontà inflattiva delle politiche fiscali di Trump a poco meno del 1.70% nella giornata di giovedì.
Così come il mercato probabilmente sbagliava a gennaio, potrebbe ora focalizzarsi troppo sull’inflazione e non guardare il contesto, proprio come Benigni tentava di sottrarsi alle provocazioni.
La FED sembra impossibilitata a togliersi dalla scomoda posizione di restare dietro le curve. La reazione dei mercati ad uno dei discorsi della Yellen più aggressivi di sempre è inequivocabile. Poca credibilità viene riposta nell’azione anticipatoria della politica monetaria della Federal Reserve. Eppure, chiaramente, non solo è stato ribadito che un dato sull’inflazione, volatile per sua stessa natura non muta l’agire della Banca Centrale.
Viene evidenziato lo stato del mondo del lavoro, che pur non essendo ancora in grado di sostenere con i salari la dinamica dei prezzi, mostra un tasso di disoccupazione al 4.3%. Infine, la volontà di ridurre il bilancio della FED, a partire da quest’anno è sul tavolo di discussione. Il meeting di settembre o quello di dicembre al più tardi dovrebbero rivelare i dettagli. Tutto questo per sottolineare che l’appiattimento della curva US in corso potrebbe rivelarsi esagerata se non supportata dai futuri dati. Con il piano acquisti la FED controlla appunto le scadenze più lunghe della curva. Se dobbiamo evidenziare un rischio, questo sembra quello che potenzialmente potrebbe rivelarsi più dannoso per un investitore.
Christian Zorico: LinkedIn Profile