È Mario Draghi il protagonista della settimana appena trascorsa. La Banca Centrale Europea lascia invariato il tasso di deposito al -0.40%, mantiene il tasso di rifinanziamento allo 0% e conferma che il programma di Quantitative easing sarà in vigore almeno fino a dicembre di quest’anno. L’atteggiamento dovish che si evince quando Draghi evidenzia che i tassi rimarranno a questi livelli o addirittura inferiori per un periodo di tempo esteso, si controbilancia con la frase in cui il presidente della BCE dichiara di non intravedere più un vero senso di urgenza nell’intraprendere ulteriori azioni di easing. Si rifà esplicitamente al testo di politica economica che per la prima volta omette l’espressione “utilizzare tutti gli strumenti necessari”.
Si avverte una rottura nella continuità: pur prendendo in considerazione i rischi politici legati a Francia e Olanda, Mario Draghi non può far finta di nulla sui progressi dell’Eurozona. Il rischio deflazione sembra preoccupare meno e così la reazione dei mercati non si fa attendere.
I rendimenti dei paesi Core subiscono gli incrementi maggiori e, per contro, è l’Euro che si rinforza sulle altre valute. In particolare, rispetto al dollaro guadagna lo 0.34% nella sola giornata di giovedì per continuare la sua corsa oltre 1.07 nella giornata di venerdì.
È lo spread 2 anni US/GR che guida le danze e con il rialzo di marzo della FED praticamente prezzato dal mercato, la pressione inevitabile si è riversata sul cross EUR/USD. Il mercato azionario invece ha ancora una volta reagito in maniera sopita, in attesa della decisione della FED di mercoledì.
Sarà importante a questo punto comprendere quale sarà il percorso di rialzo dei tassi. Oltre al rialzo di marzo, il mercato si attende altri due interventi entro la fine dell’anno. La via verso la normalizzazione potrebbe subire una ulteriore accelerazione per far fronte alla nuova politica di Trump. Tuttavia, tra una serie di appuntamenti politici, sarà l’abilità comunicativa e le relative azioni delle banche centrali a delineare i nuovi equilibri. Sarà ancora guerra valutaria, non dichiarata, ma certamente determinante per la bontà e tenuta degli equilibri commerciali.
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