Maddalena D'Amicis (117)
Da molti anni a questa parte, l’estate pugliese è scandita dal ritmo terzinato dei tamburelli che suonano la pizzica.
Non esiste sagra, evento o festeggiamento patronale che non dedichi un momento alla musica popolare salentina e questo lo si deve soprattutto alla grandissima attenzione che il mondo intero pone al concertone finale de “La Notte della Taranta”.
Chissà se le donne che da sempre lavoravano i campi, pizzicate dalla tarantola, il piccolo e velenoso ragno di Taranto, e portate di forza al santuario di San Paolo a Galatina per essere guarite, avrebbero mai immaginato che il loro dolore fisico o psicologico, il loro ballo convulsivo e terapeutico al suono dei tamburelli, potesse diventare un fenomeno mediatico tale da attirare nella modesta piazza del paesino di Melpignano che di solito ospita poco più di 2 mila abitanti, oltre 200 mila persone.
E chissà se, nel 1998, gli ideatori de “La Notte della Taranta”, per lo più un gruppo spontaneo di musicisti ed amanti della propria terra mossi dalla volontà di non perdere le proprie origini, alla ricerca di un riscatto culturale forse negato per troppo tempo, avessero mai immaginato che in questi diciotto anni quell’evento sarebbe diventato il Festival di musica popolare più importante d’Europa.
Forse qualcuno l’aveva sognato, altri auspicato, sicuramente il visionario Giovanni Lindo Ferretti, l’aveva previsto. Può essere che per questo, nel 2004 dal palco di Melpignano urlava ripetutamente la frase: “Non vendete la vostra primogenitura per un piatto di lenticchie”, invito a non piegarsi alle logiche del mercato che vorrebbe mettere in vendita anche il proprio futuro.
Ma come si fa a non vedere e svendere tutto quando ci si trova davanti un fiume di 200 mila persone che chiede qualsiasi cosa, che è affamato di Salento? Come si fa a reggere un trend che aumenta a ritmi esponenziali senza perdere la propria autenticità? E soprattutto, cos’è che decreta il successo di una manifestazione e riesce a portare così tanta gente in un’unica piazza?
È impossibile non porsi queste domande quando il giorno del concertone finale, si arriva all’ingresso della piazza dell’ex Convento degli Agostiniani a Melpignano già gremito di gente dalle primissime ore del pomeriggio.
A pensarci bene, tutto ebbe inizio alla fine degli anni ’90 quando il Salento fu investito da una vera e propria rivoluzione culturale che fondava le proprie origini nella riscoperta delle tradizioni anche grazie all’interesse che alcuni musicisti e registi dedicarono al suolo salentino. Ne sono esempio e testimonianza film come “Pizzicata” e “Sangue vivo” di Edoardo Winspeare accompagnati dalle musiche di Uccio Aloisi, Pino Zimba e Uccio Bandello, solo per citarne alcuni.
Fu così che la pizzica che si tramandava oralmente di padre in figlio, attirò l’interesse nazionale ma all’inizio si veniva a Melpignano per passaparola, le ronde composte soprattutto da cantanti che improvvisavano stornelli al ritmo dettato dai tamburellisti e da qualche altro strumento della tradizione, si davano appuntamento per suonare fino a notte fonda e il concerto altro non era che occasione di scambio culturale.
Solo grazie, alla crescente popolarità acquisita di anno in anno e alla sensibilità delle istituzioni che videro nel Festival occasione di promozione turistica, che si decise di strutturare la manifestazione rendendola itinerante per le più belle piazze della Grecìa Salentina e la cui serata finale, culminava proprio nella “Notte della Taranta”.
Pilastro dell’iniziativa, il Maestro Concertatore, scelto di anno in anno tra i più grandi nomi della musica internazionale, che da direttore artistico decide l’impronta da dare al Festival scegliendo gli artisti da affiancare alla grande orchestra.
Daniele Sepe, Stewart Copeland, Ambrogio Sparagna, Mauro Pagani, Ludovico Einaudi, Goran Bregović, Giovanni Sollima ed ultimo Phil Manzanera, sono solo alcuni dei Maestri che hanno fatto grande il Festival impreziosendo la serata finale di grandissimi artisti che nel corso degli anni, si sono avvicendati sul palco.
Il palco di Melpignano ha ospitato nomi del calibro di Battiato, Gianna Nannini, Pierò Pelù, Francesco De Gregori, Lucio Dalla, Carmen Consoli, Massimo Ranieri, Morgan, Vinicio Capossela, Caparezza, Roberto Vecchioni, Alessandro Mannarino, ed ultimo Ligabue, solo per citarne alcuni italiani, mentre innumerevoli sono stati gli artisti internazionali che accanto ai brani del loro repertorio, hanno omaggiato il pubblico interpretando canzoni tipiche della tradizione salentina.
Questa commistione musicale tra brani tradizionali e modernità, piace al pubblico di tutto mondo, l’essere autenticamente salentino ma aprirsi agli altri in una grandissima festa di suoni, colori, luci, il conservare e custodire gelosamente le proprie origini ma allo stesso tempo mischiarsi e fondersi con le sonorità altrui.
Una genuina arte dell’accoglienza che fa del Salento il posto ideale, crocevia di mondi raccontati e scanditi al ritmo dei tamburelli e che raccontano storie antiche di una civiltà ed una lingua, il griko, che nonostante tutto sopravvivono ma anche una studiata e mirata azione di marketing che vuole valorizzare il territorio attraverso le proprie tradizioni, non piegandosi ai gusti del mercato bensì educando alla cultura.
Chi arriva a Melpignano il fatidico giorno de “La Notte della Taranta”, è travolto da un mare festante di gente di ogni età mischiata ad un bazar di bancarelle dove è possibile trovare di tutto, ma rigorosamente made in Salento, dalle magliette ai prodotti tipici locali.
Il trionfo dell’orgoglio salentino, un’appartenenza declinata in tutte le sue forme e che fa dell’amore per la propria terra, il vero brand, la ricetta vincente che sfida ogni legge del mercato, non una moda o un bieco tentativo di vendere qualcosa al malcapitato turista di passaggio ma precisa volontà di condividere, di far conoscere la propria terra.
Un autentico movimento che parte dal basso e coinvolge tutti e tutto, fa rete nel comunicare la storia, il cibo, l’arte, la musica e la cultura. Questa è la ricetta di un successo che non accenna ad arrestarsi e che fa innamorare chi volutamente o da distratto turista passa da queste parti, gli stessi che invadono il web e condividono sui social, foto, pensieri ed esperienze continuando ad alimentare quello che ormai è un mito, la meta turistica più ambita.
È così, che il ragno continua a pizzicare sempre più gente, tessendo la propria trama sul web, seguendo la ragnatela tra i concerti del Festival nella Grecìa Salentina, alimentando quel movimento spontaneo e popolare che culmina nel grande concertone finale.
L’edizione del 2015 sotto la direzione del Maestro Concertatore Phil Manzanera, leggenda del rock, vede come da diciotto anni a questa parte, salire sul palco l’Orchestra popolare della Notte della Taranta composta da una trentina di elementi rigorosamente di origine salentina che sono il vero cuore pulsante della manifestazione e che con il loro tessuto musicale sostengono le esibizioni degli ospiti internazionali.
Impressionante il colpo d’occhio che precede l’inizio del concerto, il vociare ed il suono dei sonagli dei tamburelli di una folla smisurata che fissa il palco ancora spento nell’attesa di vederlo animarsi di ritmi frenetici e danze sfrenate e che come ogni anno, non resta delusa.
Inizia a suon di campane e chitarra elettrica il concertone che per quasi quattro ore farà ballare e saltare le migliaia di persone che continuano ad arrivare nella piazza, un flusso inarrestabile ed incontenibile, festante e brulicante di vita.
Impossibile tenere a memoria tutti i brani che via via svengono eseguiti sul palco lungo ben 35 metri e costellato da 12 milioni di luci, omaggio alle luminarie salentine delle grandi feste.
Brani ritmati si susseguono ad altri più malinconici che via via prendono ritmo, impossibile stare fermi, è un tripudio generale che grazie ai potenti mezzi della Rai attraverso l’etere raggiunge tutti, così la musica del ragno che pizzica arriva in streaming in tutto il mondo.
Pizzica Tony Allen, padre dell’Afrobeat e leggenda vivente, Anna Phoebe violinista di fama internazionale, Raul Rodriguez chitarrista flamenco, Paul Simonon colonna portante del gruppo punk The Clash ma è solo quando arriva Ligabue che la piazza si infervora davvero.
Il pubblico resta a bocca aperta quando appena arrivato sul palco, Ligabue intona “ndo ndo ndo” antica ninna nanna della tradizione grika e duetta con Alessia Tondo in una magica “Beddha ci dormi”, omaggio alla terra salentina.
È la volta de “Il muro del suono” e del brano che tutti aspettavano, l’emozionante “Certe Notti” che chiude l’esibizione di Ligabue. Notti speciali come quella di Melpignano, una di quelle notti che se non “sei sveglio o non sarai sveglio mai”, notti che tolgono il sonno per amore come quella cantata in “Kalìnifta” e che chiude ufficialmente l’edizione 2015 de “La Notte della Taranta”.
Un linguaggio universale che rapisce, ritmo magico capace di parlare al cuore, alla testa ed ai piedi, di sposarsi con ogni ritmo del mondo pure mantenendo la sua unicità, capace di suscitare euforia ma anche tristezza, capace di esorcizzare ogni male, quel ritmo che da sempre in Puglia è definito guaritore e che da millenni ripete con le sue nenie, “ci è taranta lassala ballare…ci è malincunia cacciala fore”.