Vi ricordate il film Doc Hollywood – Dottore in carriera?
Un film perfetto, a mio modo di vedere, per discutere di carriera, lavoro e work life balance.
Ma cominciamo con ordine.
Doc Hollywood – Dottore in carriera è un film del 1991 diretto da Michael Caton-Jones con protagonista Michael J. Fox, che si inserisce in quel filone del self-made man impersonato dall’iconico attore della saga di “Ritorno al futuro”, cominciato idealmente con l’Alex yuppie rampante di “Casa Keaton” (1982 – 1989), proseguito con lo strepitoso Brantley Foster de “Il segreto del mio successo” del 1987 di Herbert Ross e appunto “Doc Hollywood” e conclusosi nel 1993 con “Amore con interessi” di Barry Sonnenfeld.
In tutti questi film e serie TV, Michael J. Fox incarna il classico self-made man statunitense di stampo reaganiano che cerca di affermarsi nel suo lavoro con inventiva, tenacia e coraggio a dispetto di condizioni iniziali più o meno svantaggiate.
Il personaggio del dottor Benjamin “Ben” Stone non fa eccezione. Brillante ed ambizioso medico di pronto soccorso in un ospedale di Washington, finito il suo praticantato si reca in automobile a Beverly Hills per un colloquio di lavoro con il noto chirurgo plastico Dr. Halberstrom, titolare di una famosa e prestigiosa clinica di chirurgia plastica.
Durante il tragitto, mentre attraversa Grady, nella Carolina del Sud, Ben si schianta contro una recinzione per evitare di investire delle mucche in mezzo alla strada. La recinzione, purtroppo, appartiene al giudice Evans (Roberts Blossom), che lo condanna a 32 ore di servizio alla comunità presso la clinica medica della piccola cittadina.
Il sindaco Nick Nicholson (interpretato dal brillante David Ogden Stiers) insieme al comitato di accoglienza si prodigano affinché Ben conosca tutti i vantaggi di vivere a Grady, sperando di farlo restare e di poterlo assumere per sostituire il dottor Aurelius Hogue (Barnard Hughes), ormai anziano e vicino alla pensione.
Mentre la sua auto è in riparazione, Ben si prende cura dei pazienti e conosce l’autista dell’ambulanza Vialula, meglio conosciuta come “Lou” (Julie Warner), madre single con la quale instaura una certa chimica, e tra i due nasce un legame.
In quelle 32 ore, come nelle migliori commedie americane, qualcosa scatta nel giovane dottore che, cresciuto anche lui in una piccola città, comincia a ri-apprezzare i tempi più lenti della vita di provincia, il calore di una comunità più coesa e solidale e la tranquillità della vita in campagna, tanto da mettere in dubbio la sua ripartenza per Beverly Hills.
Insomma, abituato ai ritmi forsennati e caotici del pronto soccorso di una grande città, Ben, dovendo fermarsi per cause di forza maggiore, comincia a guardare e guardarsi intorno con occhi nuovi ed ha una nuova presa di coscienza, aiutata forse anche dal legame con Lou.
Qui vediamo il valore del work life balance espresso al meglio e nella sua forma più semplice ed immediata; ecco cos’è questo film che, probabilmente, rappresenta anche una sorta di maturità ideale di quel self-made man impersonato da Michael J. Fox in questo e nei precedenti lungometraggi.
Senza voler svelare altro di questo film che magari vi è venuta voglia di recuperare, cos’altro possiamo dire e qual è la lezione che ci lascia “Doc Hollywood – Dottore in carriera”?
In questo film il regista Michael Caton-Jones sembra aver imparato e compreso a fondo la lezione e l’ottimismo del cinema di Frank Capra, insuperabile maestro della commedia americana.
Il film esce nel 1991: il doppio mandato del presidente Ronald Reagan si era concluso da un paio di anni, nel 1989, e l’America era uscita profondamente lacerata e divisa fra classi contrapposte di ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri, lo stile di vita alla Yuppie cominciava a declinare e lo stile di una vita rampante, iperattiva, fatta di eccessi e lussi di ogni tipo cominciava a sembrare meno desiderabile agli occhi dei giovani che entravano nel mondo del lavoro, e non è un caso che il ruolo del dottor Ben Stone, forse, rappresenta la nuova presa di coscienza dei giovani americani impersonificati da Michael J. Fox.
La lezione che questo film ci lascia è la consapevolezza che il successo, non necessariamente passa da un lavoro strapagato e dai lussi di una città cosmopolita e alla moda come Beverly Hills, ma che una comunità più coesa e solidale, dei ritmi di lavoro più umani e una vita più lenta possono rappresentare l’unico e solo successo professionale di cui abbiamo davvero bisogno.
Un successo nel quale, come ci insegna il film, spesso e volentieri incappiamo quasi per caso, magari mentre siamo intenti a correre in auto verso il futuro e due mucche all’improvviso ci sbarrano la strada.
Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre.
Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione.