“Noi Schiavisti. Come siamo diventati complici dello sfruttamento di massa” di Valentina Furlanetto è un’impietosa fotografia dell’economia contemporanea che favorisce, incentiva e promuove nuove forme di schiavismo

Un libro al mese, in piccole schede, in poche battute, per decidere se vale la pena comprarlo e soprattutto leggerlo. Perché la lettura, come diceva Woody Allen, è anche un esercizio di legittima difesa.

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Nell'immagine un dettaglio della copertina del libro di Valentina Furnlanetto "Noi Schiavisti" - Smart Marketing

Anche quest’anno vi propongo un libro al mese, forse due, per raccontare chi siamo, da dove veniamo, dove vorremmo andare e come ci vogliamo arrivare. Perché la lettura può essere svago, intrattenimento, ma anche un valido esercizio per imparare a pensare e sviluppare una certa idea del mondo.

Un libro al mese, in piccole schede, in poche battute, per decidere se vale la pena comprarlo e soprattutto leggerlo. Perché la lettura, come diceva Woody Allen, è anche un esercizio di legittima difesa.

Alla voce “schiavismo” l’Enciclopedia Italiana Treccani riporta:
schiavismo s. m. [der. di schiavo]. – 1. b. La prassi di considerare e trattare come schiavi popoli o individui politicamente, economicamente o socialmente dipendenti: tutte le nazioni d’Europa si ribellarono allo s. hitleriano; le prime associazioni operaie sorsero in Inghilterra per fronteggiare il cieco s. dei datori di lavoro.

Certo, dopo la Guerra Civile Americana e ancor di più dopo la Seconda Guerra Mondiale, benché sussistano ancora complesse e profonde problematiche di razzismo, tutti noi pensavamo che almeno negli evoluti “paesi occidentali” lo schiavismo non esistesse più.

Ed invece, leggendo l’ultimo libro della giornalista Valentina Furlanetto, l’amara ed imbarazzante sorpresa è che non solo lo schiavismo è vivo più che mai, ma che siamo proprio noi occidentali ad applicarlo con più metodicità e senza scrupolo alcuno.

Nel saggio “Noi Schiavisti. Come siamo diventati complici dello sfruttamento di massa” la giornalista d’inchiesta di Radio24, parte per ogni categoria di schiavi, come nella migliore saggistica anglosassone, da una storia, ed allora, attraverso le “sovracosce di tacchino a 2,50€ al kg” (ma può essere qualunque tipo di carne offerta a prezzi stracciati), scopriamo la vicenda di Andrew Daldani, un nigeriano di 28 anni che lavora in un macello modenese, uno dei più grandi d’Italia, per almeno 10 ore al giorno, ma non con un contratto da alimentarista, come prevede la legge, ma con un contratto da “fattorino”, che gli fa guadagnare dal 30% al 40% in meno dei suoi colleghi assunti direttamente dall’azienda.

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Già, perché c’è una cosa che non vi ho detto: Andrew non è stato assunto dall’azienda, ma da una Cooperativa cui l’azienda stessa ha subappaltato gran parte delle assunzioni. Questo contratto da “fattorino” non prevede ferie o straordinari ed in più il lavoratore deve comprarsi anche gli strumenti di lavoro come coltelli, grembiuli e guanti e, da quando è scoppiato il Covid19, anche le mascherine.

La cooperativa – dice Andrew – non è diversa da un caporale, sono meno violenti, ma si comportano come i caporali.

Il ricorso alle cooperative è una pratica molto diffusa in Italia come in Europa, ed è questa pratica insieme al caporalato ad inquinare e corrompere il mondo del lavoro, permettendo forme di schiavismo e para-schiavismo sempre più diffuse ed accettate.

E quello che vale per Andrew è valido per altri lavoratori di varie nazionalità di quella che a torto definiamo sharing economy, ed allora abbiamo: gli spaccapietre cinesi, i braccianti macedoni, le badanti ucraine, i rider africani, i bengalesi nei cantieri navali, gli allevatori sikh.

Attraverso le storie e le testimonianze di tutti questi lavoratori emerge un Paese che utilizza gli schiavi perché servono a tutti: ai padroni, ma anche ai consumatori che vogliono spendere meno, a chi si oppone agli sbarchi ‒ ma poi assume manovalanza in nero ‒, a chi sostiene idee progressiste ‒ ma poi usufruisce di prodotti sottocosto grazie alla manodopera sottopagata.

Nell'immagine la copertina del libro di Valentina Furnlanetto "Noi Schiavisti" - Smart Marketing

Noi Schiavisti

Come siamo diventati complici dello sfruttamento di massa

Autore: Valentina Furlanetto

Editore: Laterza

Anno: maggio 2021

Pagine: 216

Isbn: 9788858143858

Prezzo: € 16,00

 

Certo, competere nel mercato globale non è facile neanche per le aziende che sono strattonate da una parte dalla rivoluzione digitale che impone le sue logiche e dall’altra dalla necessità per i consumatori di usufruire di servizi e merci a prezzi bassi, che portano le imprese, ma anche i privati cittadini, a praticare e tollerare nuove forme di schiavismo, più sottili, più opache, spesso e volentieri legalizzate.

Perché dovremmo leggere “Noi Schiavisti. Come siamo diventati complici dello sfruttamento di massa”?

La fotografia che Valentina Furlanetto scatta alla società cosiddetta civile è impietosa; tutti noi facciamo parte di questo sfruttamento di massa, alcuni ne sono  gli artefici, altri complici, molti, tanti, i silenziosi collusi, nessuno può chiamarsi fuori: né la politica, né i grandi sindacati, né le istituzioni, né i cittadini consumatori, né le aziende. Neppure i migranti stessi che, una volta capito come funziona, spesso diventano loro stessi sfruttatori dei propri connazionali.

Come dice l’autrice: “Siamo tutti ingranaggi di questo meccanismo che sembra stare bene a tutti, ma mette tutti in pericolo”.

Perché spesso lo dimentichiamo, ma siamo tutti noi a decidere, siamo tutti noi a comprare, siamo tutti noi a formare il mercato, siamo tutti noi che decidiamo il destino nostro ed altrui, anche facendo una cosa all’apparenza semplice e scontata come la spesa al supermercato.

 

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