E se avere uno scopo fosse la ragione stessa che ci fa vivere?
Me lo sto chiedendo dall’altra sera, quando sono stato al cinema a vedere il film “Non così vicino” di Marc Forster, che vede Tom Hanks nei panni di Otto Anderson, un burbero e antipatico 63enne rimasto vedovo da poco e che, non riuscendo ad elaborare il lutto per la perdita dell’amatissima moglie, ha indurito il suo carattere ancora di più.
Otto vive in un piccolo quartiere residenziale dove passa le sue giornate evitando di dare confidenza ai vicini e facendo la ronda per controllare che tutti i residenti rispettino le regole della raccolta differenziata, del parcheggio e della gestione del verde pubblico.
Dopo essere stato messo in pensionamento forzato Otto, incapace di dare un senso alla vita e senza più amici, comincia a considerare seriamente il suicidio.
Ma questa drammatica decisione coincide con l’arrivo nel quartiere di una nuova famiglia composta da Marisol, Tommy e le due figlie Abby e Luna, che minerà profondamente non solo i suoi piani suicidi ma anche i suoi sentimenti.
Lo scontro fra due modi di concepire la vita avviene soprattutto fra Otto e Marisol, che sono proprio agli antipodi come personaggi: irascibile, scontroso e solitario il primo, solare, disponibile e un po’ invadente la seconda.
Un corto circuito così forte, fra due caratteri così diversi, uniti ai tentativi di suicidio di Otto, involontariamente e fortunosamente sabotati da Marisol, trasformano piano, piano Otto nel vicino che tutti vorremmo avere: premuroso, attento, disponibile e bonario.
Otto capisce attraverso la relazione che instaura con la famiglia di Marisol, e i rapporti che riprende lentamente con tutti gli altri vicini, che lui ha ancora una missione da compiere, dei problemi da affrontare e risolvere e che per lui c’è ancora un posto nel mondo.
Il film che, come ha rilevato Simone Emiliani su Mymovies, “sembra un film realizzato agli inizi degli anni Duemila, con i tempi di un cinema sentimentale ormai perduto e Tom Hanks che caratterizza il suo personaggio con tratti che arrivano da Jack Nicholson e Robert Duvall dove dietro la scorza dura e il carattere intrattabile c’è tutta la sua storia che aspetta di essere raccontata”, vede proprio nelle interpretazioni degli attori uno dei suoi punti di forza, a controbilanciare la bella performance del protagonista ci pensano Marisol, interpretata da una spumeggiante e ciarliera Mariana Treviño che ricorda la Francesca Cacace interpretata da Fran Drescher nella sit-com Tata Francesca, e il figlio di Tom Hanks, Truman, che interpreta con bravura Otto da giovane, offrendoci uno di quei riusciti cortocircuiti fra finzione e realtà che solo il cinema ci sa regalare.
Ad incorniciare il tutto ci pensa infine la bellissima fotografia di Matthias Koenigswieser, che, soprattutto nei flashback della giovinezza di Otto, ci regala le atmosfere e i colori caldi e sfumati tipici degli anni ‘60 e ‘70.
Non voglio svelarvi altro di questo film che ancora trovate nelle sale e che merita il prezzo del biglietto che spenderete per vederlo e che farà versare qualche lacrima ai più sensibili fra voi, ma volevo trarre un insegnamento che credo sia non solo pienamente condivisibile, ma anche spendibile nella vita di tutti i giorni.
“Non così vicino”, che è tratto dal libro “L’uomo che metteva in ordine il mondo” scritto da Fredrik Backman, è una favola moderna che ci spiega che l’importante nella vita è avere uno scopo, una missione, qualcosa in cui credere e in cui sperare e che, se la missione che ci proponiamo è quella di aiutare gli altri con quello che sappiamo, con quello che abbiamo studiato e con quello che sappiamo fare, allora la nostra è una vita davvero degna di essere vissuta fino all’ultimo istante.
Perché come ha detto Madre Teresa: “La cosa più bella che puoi fare per te è fare qualcosa per gli altri”.
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