Non sono solo canzonette: il Festival di Sanremo tra pubblicità e impatto economico.

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Non sono solo canzonette: il Festival di Sanremo tra pubblicità e impatto economico.

Il Festival di Sanremo è diventato nel corso degli anni, grazie anche al grandissimo lavoro del direttore artistico delle ultime cinque edizioni, Amadeus, riferimento e vetrina della discografia italiana ed internazionale, strizzando sì l’occhio all’arte, ma soprattutto al mercato, senza tralasciare l’aspetto social della kermesse.

Tra elogi, critiche, polemiche e gossip, si è detto veramente di tutto sul Festival della canzone italiana, la cui funzione di attrattore turistico per la regione Liguria e culturale per l’intera nazione è ormai data per scontata, ma il volume d’affari del festival non ruota soltanto sui biglietti staccati per fruirlo dal vivo e su turisti e artisti che affollano Sanremo in concomitanza della gara, e neppure sui dischi venduti o che si venderanno durante l’anno, o sulle future tourneè degli artisti in gara; esiste un indotto di aziende che investono sul festival per sponsorizzare i propri prodotti e servizi ed altre che, pur non sponsorizzandolo direttamente, creano campagne pubblicitarie, soprattutto social e soprattutto di instant marketing, ad hoc per cavalcare l’onda travolgente di questa kermesse che, di fatto, monopolizza (o quasi) tutti i canali di comunicazione, da quelli più tradizionali, tv e radio, a quelli più innovativi, web e social (anche se poi la differenza ormai è sempre più labile).

Ma non sono solo canzonette?

A giudicare dalla società EY (nota società di consulenza, leader mondiale nei servizi professionali di revisione e organizzazione contabile, fiscalità, transaction e advisory), l’impatto economico del Festival di Sanremo 2024 si aggira intorno ai 205 milioni di euro, in crescita di circa 6 milioni rispetto alla precedente edizione soprattutto grazie alla maggior raccolta pubblicitaria, stimata in circa 56 milioni di euro.

Pubblicità e sponsor sono il motore di questa economia, con un impatto pari a 148,2 milioni di euro, mentre gli investimenti per l’organizzazione muovono solo (si fa per dire) 44 milioni di euro; invece 12,4 milioni di euro è l’impatto economico stimato delle attività degli spettatori e dei professionisti.

Alla faccia di chi ancora pensa che con la cultura non si possa generare ricchezza, si è stimato che il Festival di Sanremo abbia avuto, nel 2024, un impatto pari allo 0,01% del PIL nazionale e che abbia da solo generato circa 1300 posti di lavoro in Liguria, direttamente e indirettamente legati ai vari eventi che lo accompagnano, senza contare l’impulso che il festival è riuscito a dare al settore della discografia, ormai in ginocchio dopo la crisi del periodo pandemico.

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L’obiettivo della pubblicità è sempre lo stesso: coinvolgere, persuadere, vendere. Il come lo si fa ed il perché lo si fa, però, tutta la differenza del mondo.

Non solo impatto economico ma soprattutto impatto mediatico, basti pensare che, secondo un’analisi dell’agenzia di stampa Adnkronos, solo durante la settimana della kermesse sono stati pubblicati oltre 277 mila contenuti che hanno generato 356 milioni di interazioni, con un incremento del 76% delle interazioni rispetto al già record dell’anno precedente e senza contare tutti i contenuti e le interazioni soprattutto pre ma anche post la settimana del festival.

Social e share da record (vi abbiamo parlato già degli ascolti record di questa edizione nell’articolo di Raffaello Castellano) spiegano quanto sia importante cavalcare l’ “Onda alta” (per dirla alla Dangen D’Amico) del festival per le aziende, un’occasione a cui nessuno può rinunciare, a cominciare dagli sponsor ufficiali come Costa Crociere, Eni, Suzuki, Poltronesofà, Generali, Sephora e VeraLab (solo per citarne alcuni), che hanno creato ovviamente campagne ad hoc multicanale, a tutte quelle aziende che hanno approfittato della visibilità della kermesse per rilanciare il proprio brand o un prodotto utilizzando la musica e la passione per la musica come veicolo di massaggi pubblicitari, come ad esempio il brand Togo che si è affidato ai Neri per caso per la sua campagna sanremese, oppure Netflix con i suoi spot creati apposta per la settimana sanremese (settimana in cui i suoi streaming e connessioni subiscono un notevole crollo) che sono ormai un cult ed un esempio di come un punto di debolezza, se ben sfruttato e comunicato, può trasformarsi in una grande opportunità.

Ma sono i brand a sfruttare la visibilità del Festival o il Festival ad utilizzare la visibilità dei brand e dei cantanti in gara?

Numeri alla mano, probabilmente sono vere entrambe le affermazioni: se è vero tutto quello affermato finora, è altrettanto vero che il Festival non avrebbe avuto la stessa visibilità se non avesse strizzato l’occhio ai social proponendo musicisti e ospiti seguitissimi ed in grado di generare engagement e se non avesse avuto nel suo parterre sponsor di fama mondiale come Coca Cola.

In fondo, accostare l’immagine di un’azienda ad un Festival, un Festival ad un artista, un musicista ad un brand non sono altro che operazioni di co-branding vantaggiose per tutti i soggetti coinvolti, quindi perché meravigliarsi se Rai pubblicità ha imparato a scegliere con cura i suoi sponsor ed il direttore artistico i cantanti da portare in gara?

Geolier, ad esempio, napoletano fino al midollo, tanto da portare al festival una canzone interamente cantata nella sua lingua, secondo classificato anche se il più suffragato al televoto, con i suoi 2,6 milioni di follower su Instagram, ha utilizzato Sanremo non solo come palco per far conoscere la sua musica ad un pubblico differente dal suo, ma anche accostando il suo nome al simbolo della napoletanità per eccellenza: la pizza.

La “pizza Geolier”, locale pop up aperto nel centro di Sanremo per i giorni della kermesse, ha proposto pizze gourmet e classiche ispirate alle sue canzoni, con consegna a domicilio anche a Roma, Napoli e Milano, ed è stata la chicca del festival e una riuscitissima operazione di marketing che accosta il cantante a brand come Deliveroo, Warner Music Italy e Another One, ideatori dell’iniziativa ed il cui successo mostra le potenzialità della musica come settore trainante di diverse economie e case history da cui lasciarsi ispirare.

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