Tutto comincia, o forse finisce, con un’immagine, questa volta la copertina di una rivista; non una rivista qualunque, ma quella del settimanale “L’Espresso”, che l’8 marzo 2024, nella Giornata Internazionale della Donna, decide di uscire con una cover che riprende una foto di Chiara Ferragni che viene elaborata per farla assomigliare al Joker.
Il titolo e sottotitolo sono ancora più espliciti e chiarificano in maniera cristallina la posizione del settimanale, infatti il titolo recita: “Ferragni SPA – Il lato oscuro di Chiara”, con il sottotitolo, forse più un sommario, che spiega “Una rete ingarbugliata di società, una girandola di quote azionarie. Tra partner ingombranti, manager indagati e dipendenti pagati poco. L’influencer è a capo di un impero dove la trasparenza non è di casa”.
Ovviamente una copertina così forte, estrema quasi, per di più pubblicata in concomitanza con la Giornata Internazionale della Donna, scelta quest’ultima strategica per amplificare ancora di più l’hype delle reazioni, non poteva non generare polemiche, ed infatti a poche ore dalla messa online e dalla successiva uscita in edicola il sito e i canali social dell’Espresso sono stati subissati ed ingolfati da una marea di commenti, per la stragrande maggioranza negativi.
Ovviamente il numero cartaceo è andato esaurito in pochi giorni e il sito del settimanale ha visto aumentare il traffico in maniera vertiginosa.
Quindi possiamo parlare di una campagna di marketing che ha colto nel segno?
Nel giornalismo si sa, e si è sempre saputo, che i titoloni e le immagini e/o copertine forti sono elementi di sicuro successo e fonti di vendite; da sempre soprattutto le riviste si sono affidate a grafici, artisti e fotografi chiamati a condensare in un’immagine il “succo” dell’inchiesta principale contenuta nella rivista stessa.
Lo abbiamo fatto anche noi di Smart Marketing, che dalla fondazione al 2022, attraverso “La Copertina d’Artista”, abbiamo affidato ogni mese la sintesi del macro tema scelto dalla redazione ad un artista sempre diverso, per poi cominciare a sperimentare, nel 2023, le potenzialità delle AI Generative artistiche.
Nel giornalismo moderno si è affermato quel pensiero, ancora di più dopo l’esplosione dei social network, che dice che “il pubblico legge la foto e guarda gli articoli”.
Ma la domanda che mi pongo da direttore responsabile di un mensile è: il fatto che le nostre vite siano dominate dal culto delle immagini giustifica qualsiasi comportamento?
Ed ancora, davvero chi fa informazione e quindi crea cultura e implementa l’immaginario collettivo non dovrebbe avere un’etica che guida le scelte editoriali?
Insomma, davvero il profitto e la necessità di cavalcare la notizia e vendere copie giustificano qualsiasi cosa?
Lo “spettacolo”, infine, viene prima della responsabilità, prima dell’empatia e prima ancora della compassione?
Scopri il nuovo numero: “Odio Social(e)”
E’ davvero troppo facile trovare nei commenti un certo grado di violenza, opinioni sprezzanti e sentenze passate in giudicato dal tribunale dei social. Tutto può essere scritto, sembra non ci siano limiti.
Ma di chi è la responsabilità?
Se ci guardiamo intorno, purtroppo, non possiamo non notare che tutto sta diventando una maniera di “spettacolarizzare” non solo le immagini, ma le notizie, le informazioni, le merci, gli oggetti e perfino i rapporti fra gli esseri umani.
Uno spettacolo abbagliante, luccicante, frivolo, pervasivo, quasi sempre falso e, il più delle volte, connotato dall’odio.
La copertina dell’Espresso mi ha riportato alla mente il pensiero del filosofo e sociologo francese Guy Debord, che nel 1967 diede alle stampe un piccolo ma densissimo saggio intitolato “La società dello spettacolo”, nel quale propone 221 tesi secondo le quali “la moderna società delle immagini è una mistificazione volta a giustificare i rapporti sociali di produzione vigenti”.
Il libro si apre con un riferimento che ricalca l’incipit de “Il capitale” di Marx: “Tutta la vita delle società nelle quali predominano le condizioni moderne di produzione si presenta come un’immensa accumulazione di spettacoli”.
Mentre il primo capitolo del libro si chiude con la celebre tesi: “Lo spettacolo è il capitale a un tal grado di accumulazione da divenire immagine”.
Personalmente, non sono mai stato marxista come Debord, però devo confessare che la copertina dell’Espresso che trasforma Chiara Ferragni nel Joker mi ha infastidito e fatto riflettere sulla responsabilità di noi giornalisti, sul lavoro che facciamo, sul nostro senso etico.
Oggi ci lamentiamo dell’odio che circola nel web, e soprattutto sui social, un odio che, non scordiamolo, non era insito nel mezzo, ma appartiene alle persone che usano quel mezzo; gli algoritmi semmai hanno solo fatto emergere il pensiero ed i sentimenti più diffusi.
La volontà di dedicare questo numero di Smart Marketing al tema dell’”Odio Social(e)” nasce dalla violenza di quella copertina de L’Espresso, che in qualche maniera vogliamo provare a controbilanciare con una riflessione sull’odio e sulla responsabilità che ciascuno di noi ha sulla sua diffusione, ancor di più se di professione si fa il giornalista, il content creator o il copywriter.
Perché, come disse Joseph Pulitzer: “Una stampa cinica e mercenaria, prima o poi, creerà un pubblico ignobile”.
Buona lettura.