L’attentato contro l’ex presidente americano Donald Trump durante un comizio a Butler, in Pennsylvania, il 13 Luglio scorso, in piena notte in Italia, ha scosso il mondo.
L’ex presidente è stato ferito ad un orecchio ma sta bene dopo esser stato medicato. Le forze dell’ordine, intervenute sembra con un poco di ritardo, hanno identificato e poi eliminato l’attentatore che ha sparato, il 20enne Thomas Matthew Crooks, uno studente modello e ragazzo “normalissimo” che dal tetto di un edificio fuori dal perimetro controllato ha sparato con un AR 15 dai 7 ai 10 colpi (gli investigatori ed i media ancora non concordano sui numeri), uno dei quali ha ferito l’ex presidente americano all’orecchio destro.
Ma a noi di Smart Marketing interessano di più le questioni comunicative emerse da questo attentato, fra cui, secondo me, due sono particolarmente rilevanti.
La prima è la capacità politica del tycoon di capitalizzare ogni opportunità politica trasformandola in una narrazione potente di se stesso. Piaccia o meno Trump, ed a chi scrive proprio non piace, come esperto di comunicazione non posso non applaudire alla reazione dell’ex presidente che, circondato dalle guardie del corpo e ovviamente stordito da un colpo di fucile all’orecchio, ha avuto la freddezza di alzare il pugno al cielo con l’orecchio sanguinante e dimostrare al suo elettorato che lui è un uomo forte, indistruttibile quasi, e benedetto da Dio. Un gesto ed una grinta del 78enne Trump che stride ancora di più con la flemma, la lentezza e lo spaesamento a cui ci sta abituando il presidente in carica Biden.
La seconda questione è intrecciata alla prima, e riguarda la fotografia simbolo di questo attentato e forse di questa elezione americana, perché mentre intorno al palco infuriava il caos e le guardie del corpo cercavano di mettere al sicuro il candidato presidenziale, sotto il palco un fotografo dell’agenzia di stampa Associated Press a Washington, Evan Vucci, scattava da una posizione strategica una foto con Trump sanguinante, le sue guardie del corpo intorno a lui, ed in alto la bandiera americana che garrisce al vento. Una foto che echeggia quella di Iwo Jima, dove un manipolo di soldati cerca di issare la bandiera americana. Uno scatto magico, una foto che è già un manifesto e che il partito Repubblicano e Trump ancora prima proveranno a capitalizzare in consensi e voti.
Certo la campagna elettorale, fino ad ora esasperata e divisiva, probabilmente cambierà passo, ma per il momento a noi rimane solo una consapevolezza, o meglio due: la prima è che una foto dice molte più cose di quelle che sembra raccontarci e la seconda è che questo episodio dimostra ancora una volta che tutto, ma proprio tutto, è comunicazione.
Anche un attentato, una raffica di colpi, un gesto, un orecchio insanguinato e una foto che è già un manifesto.