Spesso e volentieri tendiamo a dare per scontato tutto ciò che abbiamo acquisito, sia esso il nostro lavoro, la nostra casa, il nostro compagno/a, ma, se c’è una lezione che questi tempi di crisi, o come direbbe il grande sociologo Zygmunt Bauman, questa società liquida, ci stanno insegnando, sicuramente questa è che tutto ciò che abbiamo non è per sempre, ma è fragile, effimero, temporaneo, in una parola precario.
Infatti la miglior competenza che bisogna possedere in questo nuovo millennio, sia professionale che esistenziale, è la flessibilità, quella capacità, molto post-moderna, di sapersi adattare ad un mondo in perenne cambiamento, pronti a reinventarsi in una professione o in un ruolo finora mai immaginato. Ma se queste caratteristiche sembrano così a portata di mano, connaturate alle nuove generazioni, più difficile può risultare per tutti quei 30/40 enni che, nati nel secolo scorso, sperimentano un vero e proprio gap evoluzionistico, non riuscendo a cambiare con la stessa velocità con cui cambiano gli eventi intorno a loro.
Chiara è una di queste persone: in poco più di un anno, dall’ottobre 2011 al settembre 2012, tutto ciò che essa chiamava la sua vita non esiste più. Ha traslocato dalla casa dove è cresciuta, suo marito l’ha lasciata ed il suo lavoro è stato affidato ad un’altra, tra l’altro, molto meno qualificata. Comincia allora quell’iter doloroso ed inevitabile fatto di telefonate ai parenti, agli amici, uscite e pellegrinaggi di locale in locale per conoscere gente nuova, cose nuove etc., ma intanto, dopo l’ennesima serata al karaoke, o al bar, tornata a casa Chiara, in piena depressione, si addormenta sperando di non svegliarsi più. Purtroppo succede che la vita, ad un certo punto, si riprenda tutto ciò che ti ha dato e magari con gli interessi, Chiara lo sa, ma non lo accetta, allora, durante l’ennesima seduta dalla sua analista, quest’ultima le prescrive una terapia non convenzionale. Piuttosto che identificare le cause, tra l’altro abbastanza evidenti, del suo stato di profonda frustrazione, le propone un gioco. La terapia, insieme innovativa e strategica, consiste nel fare per un mese una volta al giorno per 10 minuti una cosa nuova, non importa cosa, basta che sia una cosa mai fatta prima, Chiara, ormai alla frutta, non ha nulla da perdere e ci prova, e da quel momento, quasi magicamente, la sua vita ricomincia 10 minuti alla volta.
Per dieci minuti
Autore: Chiara Gamberale
Editore: Feltrinelli
Anno: Novembre 2013 (1a edizione)
Maggio 2023 (2a edizione)*
Pagine: 192 – 208*
Isbn: 9788807030710
9788807070556*
Prezzo: € 15,20
€ 13,30*
La protagonista di questa storia (in parte romanzata) è Chiara Gamberale, classe 1977, scrittrice di successo, autrice di vari romanzi come “La zona cieca” (2008, Premio Selezione Campiello) ed il best seller “Le luci nelle case degli altri” (2011), e conduttrice televisiva e radiofonica di programmi come “Quarto piano scala a destra” (Rai 3) e “Io, Chiara e l’Oscuro” (Rai Radio 2).
La parabola della sua rovinosa ed inesorabile discesa negli inferi della depressione e del suo lento (ma neanche tanto, visto che dura solo un mese) ritorno alla vita, viene trasposta in un diario di quell’esperienza e di quella terapia non convenzionale, e diventa prima un libro, best seller finalista al Premio Bancarella di quest’anno (Per dieci minuti, 192 pp, Feltrinelli, Milano, 2014) , poi un blog ed infine un programma della televisione LaEffe.
Perchè dovremmo leggere “Per dieci minuti” di Chiara Gamberale?
Perchè è la storia di un successo e anche di un riscatto non solo di Chiara, ma di tutti quelli che attraverso il libro, il blog o il programma tv hanno deciso di riprendersi la propria vita giocando per 10 minuti tutti i giorni per un mese.
Il libro è troppo gustoso e divertente per anticipare altri particolari, che vogliamo siano i nostri lettori a scoprire, sta di fatto che noi di Smart Marketing siamo rimasti folgorati da questa lettura e dalla terapia a cui si sottopone Chiara, tanto da decidere di farne una delle 12 idee per il futuro, #giocarexcambiare appunto, contenute in questo numero della nostra rivista.
In definitiva ci guida una speranza: Leonardo Sciascia una volta ha detto che lo “scrivere è un esercizio di libertà”: chissà allora che anche il leggere non sia addirittura allenamento, addestramento, tirocinio al cambiamento, che, forse, rappresenta la libertà più grande, quella dalle nostre ritrosie, dalle nostre angosce, dalle nostre paure.