Partiamo così: sei appena entrato in un negozio e sei stato subito assalito da una serie di assistenti alla vendita che dopo un saluto veloce ti propongono mille prodotti diversi e te li ritrovi costantemente a un metro di distanza. Come ti senti? Immagino non sia una sensazione piacevole. Senti (quasi) letteralmente il loro fiato sul collo.
Credo che una situazione simile sia capitata a tutti almeno una volta nella vita. Quante volte siamo entrati in un negozio ed un atteggiamento di questo genere ci ha indisposti al punto tale che se anche avessimo avuto l’intenzione di acquistare qualcosa, alla fine avremmo desistito e saremmo usciti senza comprare nulla.
Nuova situazione: entri in un altro negozio, gli assistenti alla vendita ti salutano cordialmente, ti lasciano lo spazio per guardarti intorno, dopo poco ti chiedono cosa desideri, ti danno le informazioni che richiedi e ti consigliano il prodotto che in base alle tue esigenze è più compatibile con quanto cercavi. Come ti senti ora? Io credo ascoltato e rispettato. In una situazione del genere puoi decidere se acquistare o meno (e se ti serviva davvero quel prodotto probabilmente lo faresti), ma di certo hai vissuto tutta un’altra esperienza.
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La festa degli innamorati è da sempre capace di catalizzare l’attenzione delle persone; attenzione che i brand cavalcano (a volte) sapientemente sfruttando le peculiarità del marketing dell’amore. Attraverso il nostro particolare punto di vista approfondiremo il marketing dei sentimenti e dell’amore. E chissà quanto, in questo particolare momento storico, ne avvertiamo il bisogno!
Razionalmente dovremmo essere tutti d’accordo sul fatto che questo secondo approccio sia maggiormente vincente rispetto al primo. E invece accade di imbattersi molto di più nella prima casistica, sia offline che online. Perché? Perché un approccio basato sull’ascolto e sull’attenzione al cliente è molto più oneroso. Rispetto ad uno più sommario richiede tempo e soprattutto richiede cura. La tua cura nel trattare quella singola persona nel modo migliore possibile.
E la cosa più bella di tutta questa storia è che ne siamo consapevoli: vogliamo tutti un trattamento di questo genere perché ci fa sentire bene e, lato cliente, sprigiona molto più valore. Quando però si tratta di dover fare altrettanto con le nostre attività, comunicazioni et similia, ricadiamo magicamente nell’errore di trattare il cliente (cfr. le persone) in maniera indiscriminata. La tipica comunicazione anni ’80: “questo è il mio prodotto, lo vuoi? Sì/no, fine”.
Eppure basterebbe sempre ricordarci quello che afferma Philip Kotler: “La regola aurea del marketing: proponetevi ai vostri clienti così come vorreste che si proponessero a voi”.
È una regola “semplice”, ma solo in pochi la mettono in pratica. E in un contesto del genere basta quindi poco per fare la differenza.
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