Come suggerivano i vecchi esperti di comunicazione: “non si può stare senza un prodotto, ma non appena lo si possiede occorre averne subito un altro”.
Attenzione: anni fa si parlava di prodotti non di brand.
Il vecchio mantra era “spendo dunque sono” e non vi era un particolare attaccamento al brand in quanto tale bensì al prodotto. All’epoca la funzione del brand era principalmente, ed a volte unicamente, quella di aumentare le vendite.
Oggi, invece, è tutto cambiato. Le aziende investono molte risorse, umane ed economiche, per sviluppare il brand e tutte le sue declinazioni. Si parla di brand building, di re branding, di brand touch point, di brandizzazioni, di brand relevance e di molto molto altro.
Con il tempo i manager si sono resi conto che gli asset di marca erano necessari.
All’inizio il brand management veniva visto esclusivamente in chiave tattica (aspetti legati alla gestione dell’immagine di marca, alla creazione di campagne promozionali). Da quando, invece, i brand sono stati considerati degli asset, il ruolo del brand management è radicalmente cambiato passando da tattico e reattivo a strategico e pro attivo.
Ma partiamo dal principio: chiediamoci, cos’è un brand?
In molti, erroneamente, associano alla parola brand ad un nome o ad un logo.
Associazione decisamente riduttiva. Il brand, infatti, è la promessa che un’azienda fa ai suoi clienti (attuali e potenziali). Cosa può mai promettere un’azienda? Beh, certamente benefici materiali, ma soprattutto emotivi, sociali.
Partendo da questo presupposto, quindi, appare evidente che le aziende devono lavorare, e verificare, sul posizionamento che il proprio brand ha sul mercato.
Nella classifica BrandZ Top 100 Most Valuable Global Brands cioè l’analisi annuale di Wpp e Kantar Millward Brown sui brand a maggior valore, che tiene conto dell’impatto della marca nel portare fatturato, crescita e capitalizzazione di mercato, Il settore merceologico che, ancora una volta, la fa da padrone è la tecnologia. Nella top10, infatti, beh 8 brand appartengono al “mondo tecnologico”.
Dietro a Google, a quota 302,1 miliardi di dollari, con un aumento del 23% rispetto allo scorso anno, Apple, con 300,6 miliardi di dollari (+28%) e Amazon, con 207,594 (+49%), troviamo colossi hi-tech del calibro di Microsoft, Tencent, Alibaba e Netflix. A fare la differenza, secondo gli esperti, sono l’implementazione crescente di tecnologie data-driven (come l’intelligenza artificiale), approcci di marketing creative, contenuti personalizzati e brand experience eccezionali.
Anche alla luce dell’evoluzione che vi abbiamo descritto appare evidente come “fare branding” sia un attività tanto indispensabile quanto complessa.
E’ inevitabile considerare il proprio brand uno degli asset strategici della propria azienda, anzi forse il più importante.