
Per il quinto anno consecutivo, anche nel 2025 voglio proporvi un libro al mese, forse due, per raccontare chi siamo, da dove veniamo, dove vorremmo andare e come ci vogliamo arrivare. Perché la lettura può essere svago, intrattenimento, ma anche un valido esercizio per imparare a pensare e sviluppare una certa idea del mondo.
Un libro al mese, in piccole schede, in poche battute, per decidere se vale la pena comprarlo e soprattutto leggerlo. Perché la lettura, come diceva Woody Allen, è anche un esercizio di legittima difesa.
La verità giuridica è spesso quella che “mette il punto”, anche su questioni che, in apparenza, sembrerebbero lontane da aule di tribunale e sentenze: la scienza e la storia, ad esempio. Eppure, nel tempo, non sono mancati celebri processi che hanno messo “sotto accusa” scoperte scientifiche o verità storiche, trascinandole nel foro dell’opinione pubblica e della cultura popolare.
Il cinema ha saputo raccontarli magistralmente, lasciandoci autentiche pietre miliari. Uno dei casi più emblematici è lo Scopes Monkey Trial, il “processo delle scimmie”, che si tenne a Dayton, Tennessee, nel 1925. L’imputato era un giovane professore, John T. Scopes, accusato di aver insegnato la teoria evoluzionista. A difenderlo, l’iconico avvocato Clarence Darrow; a guidare l’accusa, William Jennings Bryan, ex Segretario di Stato e candidato alla presidenza degli Stati Uniti.
Da questo scontro epocale sono nati un’opera teatrale firmata da Jerome Lawrence e Robert E. Lee, e due film: E l’uomo creò Satana (1960), diretto da Stanley Kramer, e 1925: Processo alla scimmia (1988), per la regia di David Greene.
Sul versante della storia, impossibile non citare il processo tenutosi nel 2000 a Londra tra lo storico britannico David Irving e la collega statunitense Deborah Lipstadt. Irving, accusato nel libro della Lipstadt Denying the Holocaust: The Growing Assault on Truth and Memory di aver manipolato fonti per negare la Shoah, la denunciò per diffamazione, costringendola – per via del sistema legale inglese – a difendersi provando, in tribunale, la verità storica dell’Olocausto.
A raccontare questo confronto giudiziario è il film La verità negata (2016), diretto da Mick Jackson, con un’intensa Rachel Weisz nei panni della Lipstadt e un magnetico e disturbante Timothy Spall in quelli di Irving.
Ma perché tutta questa premessa?
Perché sono convinto che il recente saggio “Processo al Mistero”, scritto a quattro mani da Armando De Vincentiis e Cindy Pavan, muova dalle stesse contrapposte posizioni per realizzare un ottimo lavoro di ricerca, approfondimento e critica della verità processuale, così come lo condurrebbero due avvocati sui banchi di difesa e accusa in un ipotetico processo.
L’accusa, che si concentra sui pericoli del mistero e del paranormale, è affidata ad un avvocato d’eccezione: Armando De Vincentiis, psicologo, psicoterapeuta e debunker di lungo corso, già membro emerito del CICAP e collaboratore storico del nostro magazine, dove cura la rubrica Scienza e psicologia e realizza le ricerche per il podcast La telefonata all’esperto.
La difesa degli aspetti positivi del mistero e della dimensione spirituale dell’esistenza è affidata a un’altra fuoriclasse: Cindy Pavan, studiosa di parapsicologia con un master in satanismo criminale e consulente del programma Mistero di Italia 1.
Il libro “Processo al Mistero”, pubblicato da C1V Edizioni, affronta diverse aree del mistero e del paranormale, e non cerca – come il titolo potrebbe suggerire – di stabilire se il paranormale sia reale o meno, ma piuttosto cerca di capire se il credere nel mistero produca solo conseguenze negative o anche esperienze positive.
Processo al Mistero
Autore: Armando De Vincentiis e Cindy Pavan
Editore: C1V Edizioni
Anno: Febbraio 2025
Pagine: 140
Isbn: 9788899604226
Prezzo: € 18,00
Perché dovremmo leggere Processo al Mistero di Armando De Vincentiis e Cindy Pavan?
Il libro è un saggio rigoroso e documentato, ma si legge d’un fiato come un legal drama. Come in un processo vero, alla sbarra, a seconda degli argomenti affrontati, vengono chiamati diversi esperti (veri ed esistenti), oltre ad alcuni testimoni. E il giudice di questo processo siamo proprio noi lettori: chiamati a scegliere fra le argomentazioni più significative, le prove più inconfutabili e le testimonianze più toccanti.
Ed è questo, allo stesso tempo, a mio avviso, il miglior pregio e il più grande difetto del libro.
È il miglior pregio perché il saggio non si schiera, non cerca una verità bianca o nera, ma rimane sospeso in quel limbo grigio d’incertezza che rappresenta la zona in cui nascono e crescono le decisioni umane più difficili.
È anche il peggior difetto perché non sembra tener conto del fatto che nessun processo, per quanto condotto con intelligenza, rigore e senza pregiudizi, potrà mai emettere una verità processuale accettata da tutti.
Forse gli autori hanno dimenticato la lezione dell’economista e teorico sociale Stuart Chase, che, molto saggiamente, disse:
“Per chi crede, nessuna prova è necessaria. Per chi non crede, nessuna prova è sufficiente”