Ivan Zorico (353)
Per fare questo abbiamo parlato proprio con un arbitro, con ormai diversi anni di attività alle spalle, per meglio capire le dinamiche retrostanti a questa attività. In particolare abbiamo ascoltato le parole di Danilo Lucarella, che ha sin da subito accettato la nostra intervista, rispondendo felicemente alle nostre domande. Per la cronaca, Danilo è un mio caro amico e quindi l’intervista, come leggerete, ha assunto un tono piuttosto confidenziale. Bene, fatta questa premessa, iniziamo con l’intervista.
Ciao Danilo, presentati ai nostri lettori.
Mi chiamo Danilo Lucarella, ho trent’anni ed arbitro da tredici anni. Al momento arbitro nella categoria DNB (Divisione Nazionale B) ed è la terza serie nazionale (http://it.wikipedia.org/wiki/Campionato_italiano_di_pallacanestro). Nella vita non mi occupo solo di questo, ma svolgo l’attività di ingegnere presso una azienda che lavora con le energie rinnovabili.
Come ti sei approcciato ad uno sport come quello del basket (in Italia considerato ancora uno sport <<minore>>) e successivamente all’arbitraggio?
All’età di sette anni ho iniziato a giocare a pallacanestro, perché ero lo sport che più di altri attirava il mio interesse, sino a quando è sorta l’opportunità di poter intraprendere questo percorso formativo e di carriera.
Se un ragazzo/a volesse diventare arbitro, quali sarebbero i passi da compiere?
Per quanto mi riguarda, il mio professore di educazione fisica mi ha proposto, in 4° superiore, di partecipare al corso che la Federazione organizza regolarmente per formare nuovi arbitri. In quel periodo, come ti dicevo, giocavo ancora e non avevo molta voglia di smettere per iniziare questo corso (un giocatore non può arbitrare e viceversa!), ma ho deciso di frequentarlo comunque perché (in maniera utilitaristica) con quel corso ho preso un punto di credito scolastico in più. Il corso è durato 15 lezioni, tra teoria e pratica, e la classe era composta da dieci ragazzi; abbiamo appreso, oltre alle regole del gioco, anche i principi della meccanica; la meccanica è indispensabile per stare correttamente in campo. Una volta terminato il corso, ho iniziato ad arbitrare i ragazzini su i più improbabili campi della Provincia di Taranto (sempre coadiuvato da un arbitro più esperto) per farmi, come si dice in questi casi, <<le ossa>> e per iniziare a prendere dimestichezza con l’importanza del ruolo che si ha in campo, ossia quello di dover prendere costantemente delle decisioni. Oggi, in ogni provincia ci sono degli istruttori ed un Delegato provinciale che cura l’aspetto arbitrale, c’è la fase di reclutamento di nuovi arbitri da incanalare nel frequenza del corso di formazione che, voglio ricordare, è totalmente gratuito.
Parliamo di compensi…si può vivere di solo arbitraggio?
Chi decide di fare l’arbitro di pallacanestro lo fa fondamentalmente per passione, se invece è spinto solo da un ritorno economico probabilmente hai sbagliato sport; deve affacciarsi al mondo calcio in quanto i gettoni di presenza erogati a partita sono profondamente diversi tra i due sport. Nella pallacanestro si percepiscono somme che vanno dalle poche decine di euro (partendo dalla prima serie, DNC) a qualche centinaio di euro in Lega2 Gold. Sino a quest’ultima si ricevono dei compensi mensili forfettari sulla base del numero di partite arbitrate; mentre, passando ad arbitrare la Serie A, si stipula un contratto con la Federazione (nel quale ci si impegna a garantire un numero minimo di presenze in campo) che prevede un compenso di 1000 euro lordi a partita arbitrata ed una vera e propria busta paga a fine mese. Si può arbitrare sino al raggiungimento del 60° anno di età. Al raggiungimento del 50° anno, per poter proseguire nell’attività si devono rispettare determinati vincoli che sono stabiliti annualmente dal CIA nei <<Criteri di impiego e valutazione>>.
Danilo, hai altre considerazioni o altri spunti di riflessione che vuoi condividere con i nostri lettori?
Si certamente. Dopo tredici anni di arbitraggio (di cui gli ultimi 7 da nazionale) ti dico che se per qualche motivo la domenica non arbitro, sento che mi manca qualcosa e questo ti fa capire quanto la pallacanestro sia diventata una parte importante della mia vita. Viceversa non se avessi scelto di intraprendere questo percorso (seppur come ti dicevo viziato dal fatto che in quel momento pensavo ad acquisire un futile credito formativo) probabilmente non mi sarei trovato a vivere delle esperienze importanti che mi hanno fatto maturare anche fuori dal campo. Ti parlo altresì di una rete di relazioni fatte di dirigenti sportivi, istruttori nazionali, osservatori, tanti grandi giocatori ed ex giocatori che magari vedevo in televisione quando ero più piccolino. Non sono nato arbitro, ma lo sono diventato con il tempo, anche nei modi con cui mi interfaccio con le persone o con le cose che mi accadano durante la vita di tutti i giorni. Essere arbitro significa essenzialmente decidere…decidere di agire o decidere di non agire, e tutti i giorni ognuno di noi decide di fare qualcosa o di non fare qualcosa.
Danilo scusami, un’ultima domanda. Ma vista la tua esperienza, in questo periodo di crisi economica consiglieresti ad un giovane di iniziare un’avventura del genere?
Assolutamente si. Magari non diventerà ricco, ma grazie all’arbitraggio, da quando sono poco più che adolescente, non ho più richiesto la classica <<paghetta>> ai miei genitori; tutt’oggi le spese per le vacanze e, più in generale, per gli sfizi che più o meno tutti i ragazzi hanno, le ho sostenute attraverso questa attività. E già solo questo non mi sembra poco, anzi!