L’influenza della comunicazione su ogni aspetto della nostra vita è sempre stata al centro dell’attenzione di studiosi di tutto il mondo soprattutto per comprendere come essa si potesse esprimere all’interno di contesti patologici quali la schizofrenia, le famiglie conflittuali e i disturbi del comportamento alimentare. Una delle osservazioni più importanti che alcuni teorici della psicologia della comunicazione effettuarono fu che non era tanto il contesto patologico ad influenzare la comunicazione, bensì il contrario, ossia era proprio la qualità della comunicazione a favorire l’insorgenza o meno di reazioni psicopatologiche o, meglio, disfunzionali. Gli autori della prestigiosa scuola di Palo Alto inquadrarono addirittura alcuni modelli comunicativi in grado di dare origine a vere reazioni paragonabili a quelle schizofreniche. Essi parlavano del cosiddetto doppio legame ossia un insieme di affermazioni l’una tendente a squalificare o a contraddire quella precedente. Una sorta di comunicazione contraddittoria dalla quale difficilmente ci si può sottrarre senza confusone. Un esempio è quella di un genitore che incita il figlio ad essere autonomo ma che lo punisce se prende decisioni che sono in contrasto con la morale dello stesso genitore. Una situazione senza uscita per cui si è spinti ad essere autonomi e nello stesso tempo dipendenti. Gli autori osservarono che una condizione comunicativa cronica di tale qualità dava origine a reazioni disfunzionali di confusione, sfiducia, rifiuto e, spesso, paranoia.
Oggi è proprio in ambito scientifico che assistiamo ad un vero e proprio doppio legame comunicativo dal momento che vi sono comunità di scienziati che effettuano un tipo di affermazione e comunità di pseudo-scienziati che effettuano comunicazioni in netta contraddizione con quella dei precedenti. I primi fanno affermazioni fondate su basi empiriche e sperimentali, i secondi su ideologie prive di un vero substrato scientifico. Un esempio può essere il medico che incita i genitori a vaccinare i figli ed in contrapposizione un altro che li esorta a non farlo. L’utente può essere paragonato al bambino che davanti ai due genitori riceve informazioni contrastanti e non può che reagire con reazioni disfunzionali, il più delle volte paranoiche. “Ovvio che qualcuno nasconde qualcosa”, pensa, poiché, non essendo un addetto ai lavori, non ha le basi per discernere ciò che è scientifico da ciò che non lo è. Ed è proprio questa fusione tra una mancanza di preparazione scientifica di fondo ed una comunicazione paradossale che getta alcune basi del complottismo, che non è altro che una forma di delirio persecutorio. La mancanza di informazioni ed un bombardamento contraddittorio fanno spesso reagire mediante sentimenti paranoici, grazie ai quali si deve fare una scelta, ossia da che parte stare! Ovviamente non è semplice scegliere tra dati ufficiali –fondati- e ideologia, dal momento che quest’ultima appare sempre dalla parte del popolo, poiché volta a difendere quest’ultimo da improbabili mali scaturiti da segrete lobby governative. Ci si comporta proprio come un bambino che deve scegliere tra i rimproveri razionali di un genitore e le concessioni emotive e, a volte, pericolose seppur appetibili di un altro genitore. Cosa pensate che il piccolo sceglierà?
La medesima reazione paranoica la si ottiene al cospetto di uno stesso scienziato, ligio e coerente con il suo campo di ricerca, ma che decide di abbracciare una teoria infondata sostenuta solo con la forza della convinzione o del fatto che a lui piaccia possa essere vera. E tal teoria è quasi sempre rivolta a ridurre una qualche paura della popolazione o a dar speranze spesso di natura sovrannaturale. “Se uno scienziato accreditato fa certe affermazioni, probabilmente è stanco di certe logiche legate ad interessi economici” è l’idea di fondo. Quando il premio Nobel Kary Mullis abbracciò la tesi del Virologo Duesberg sulla inesistente relazione tra HIV e sindrome da immunodeficienza, una grossa fetta di popolazione reagì in modo paranoico davanti alle affermazioni della medicina ufficiale, cominciando a credere nell’esistenza di complotti delle case farmaceutiche orientate a diffondere la paura per una inesistente malattia solo per vendere i farmaci. Era ovviamente di maggior conforto credere che l’HIV non provocasse l’AIDS. Così come quando il celebre neurologo Eben Alexander cominciò a divulgare le sue allucinazioni di pre-morte come la prova inconfutabile dell’esistenza del paradiso, una buona fetta di popolazione interpretò le critiche della scienza alle sue affermazioni come il tentativo della scienza ufficiale di mantenere un improbabile equilibrio tutto da rivedere se si fossero accettate le nuove rivoluzionarie osservazioni.
Qualche anno fa il caso Di Bella, più recentemente il caso Stamina e la propaganda
mediatica che ne è conseguita, hanno contribuito a lanciare le basi di un vissuto paranoico degno del doppio legame descritto dai teorici della scuola di Palo Alto dove la confusione, la depressione (intesa come perdita di speranza dopo un’illusione) ed il sentimento persecutorio -“la scienza non ha alcun interesse a curare certi malati”- hanno fatto e continuano a fare da padroni, dal momento che un sospetto che entra nella coscienza della popolazione difficilmente viene abbandonato. Il circolo paranoico che si impianta si autoalimenta e tutto è la prova di una cospirazione di fondo. Per alcuni le stesse sentenze contro Stamina rappresentano la conferma che si è voluto bloccare qualcosa e qualcuno.
Così come avviene in ambito relazionale, anche in ambito scientifico la comunicazione paradossale è un processo subdolo e pericoloso in grado di gettare le basi per delle reazioni psicopatologiche di massa, il più delle volte paranoiche, che inducono verso scelte pericolose per la salute personale e quella della comunità nella quale si vive.