Riparte la scuola tra sperimentazioni con l’AI e divieti sugli smartphone

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Nell'immagine alcuni alunni ripresi di spalle alzano la mano per rispondere alle domande della maestra - Smart Marketing
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Nella scorsa settimana, proprio in concomitanza con le prime aperture delle scuole, sono state due le notizie che hanno letteralmente “tenuto banco” in tema di formazione, istruzione e, appunto, scuola.

Da una parte l’introduzione dell’AI, già da quest’anno scolastico, in 15 classi distribuite in quattro regioni: Calabria, Lazio, Lombardia e Toscana. Una decisione anticipata dal ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, nel suo intervento al Forum di Cernobbio. L’idea è che le AI affianchino da una parte gli insegnanti per ridurre il loro “carico di lavoro amministrativo”, dall’altra gli studenti, come una sorta di tutor o coach virtuali.

Questa sperimentazione è sicuramente qualcosa di positivo e l’Italia, questa volta, è fra i protagonisti dell’innovazione, come ha ricordato lo stesso Valditara, dicendo: “Siamo uno tra i primi Paesi ad aver avviato la sperimentazione e, se il modello funzionerà, pensiamo di estenderlo ulteriormente”.

Ovviamente i pareri e i timori per questa sperimentazione non sono unanimi e si dividono fra i soliti apocalittici ed integrati.

La seconda notizia a tema scolastico, in apparente controtendenza con la prima, è quella che riguarda una circolare ministeriale che vieta l’uso degli smartphone in classe per tutti gli studenti del “Primo ciclo d’istruzione”, corrispondente ai 5 anni di scuola elementare e ai 3 di scuola media.

Nell'immagine un alunno utilizza lo smartphone durante le ore di lezione a scuola - Smart Marketing
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Secondo due recenti e importanti studi, il Rapporto Unesco 2023 e l’Ocse-Pisa 2022, c’è un comprovato legame tra l’uso eccessivo degli smartphone e il rendimento degli studenti. Come ha ribadito anche il sito Orizzontescuola.it: “L’uso continuo, spesso senza limiti, dei telefoni cellulari fin dall’infanzia e nella preadolescenza incide negativamente sul naturale sviluppo cognitivo, determinando perdita di concentrazione e di memoria, diminuzione della capacità dialettica, di spirito critico e di adattabilità”.

Insomma, le ultime due decisioni del Ministero dell’Istruzione e del Merito sembrano un po’ schizofreniche: da una parte siamo fra i primi in Europa a sperimentare le AI a scuola; dall’altra stiamo vietando l’uso degli smartphone fino ai 13 anni di età.

Eppure le decisioni prese sono, secondo me, coerenti, perché, come spesso accade, gli strumenti che usiamo non hanno responsabilità o intenzioni, né dettano il tempo che dedichiamo al loro utilizzo, che è diventato smodato e massivo non solo per le Generazioni Alpha e Z, ma anche per i genitori di questi ragazzi.

Nel suo recente libro “La generazione ansiosa”, appena tradotto e pubblicato da Rizzoli, il famoso psicologo statunitense Jonathan Haidt ci spiega che la Generazione Z, quella dei nati dopo il 1995 e che oggi frequenta le superiori, è “la prima ad aver attraversato la pubertà con in tasca un portale verso una realtà alternativa eccitante, ma pericolosa. È la prima ad aver sperimentato la transizione da un’infanzia fondata sul gioco a un’infanzia fondata sul telefono: i teenager della Gen Z hanno trascorso ore e ore ogni giorno a «scrollare» post, a guardare video proposti da algoritmi programmati per trattenerli online il più a lungo possibile, e hanno passato molto meno tempo a giocare, parlare, toccare, esperire il mondo reale. Sono stati privati, cioè, di quell’apprendistato sociale insostituibile per lo sviluppo delle competenze necessarie alla vita adulta”.

Credo fermamente, da anni e in particolare da quando sono Direttore responsabile di Smart Marketing, che i social, lo smartphone e adesso le AI siano strumenti potenti, utilissimi e necessari, oltre che espressioni inevitabili del progresso. Ma dobbiamo essere onesti e dire che con i social abbiamo sbagliato approccio: non dovevamo usarli senza istruzione e studio. Con gli smartphone, se possibile, abbiamo fatto ancora peggio. Speriamo di aver imparato queste due lezioni per non ripetere gli stessi comportamenti con le AI, che potrebbero avere molte e più complesse ripercussioni.

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