Non parlare di politica in questo periodo è davvero difficile. La campagna elettorale prima, e l’esito delle urne poi, hanno e stanno invadendo tutti gli spazi mediatici a disposizione.
In questa fase, inoltre, stiamo assistendo a qualcosa di magnifico: la politica che parla della politica. Commenti, dichiarazioni e scenari sui drammi o sui successi di questo o quel partito; sui perché si è raggiunto un certo risultato; sui perché un partito ha preso più voti; su come la comunicazione di quel partito abbia fallito; etc.. E chissà per quanto ancora ne avremo.
Non parlare di politica è difficile, ma non impossibile.
Capisco bene l’interesse che questa bagarre può suscitare e il senso di urgenza che si può percepire: ho studiato comunicazione all’università nell’era del berlusconismo più intenso (gli anni della politica spettacolo e della polarizzazione) e sono stato un attento osservatore dell’evoluzione della comunicazione politica e dei linguaggi mediatici. Ne ero talmente immerso che decisi anche di dedicarci la tesi di laurea (bei tempi!). Per cui, come detto, capisco bene l’interesse. Ma ad un certo punto questa attenzione è andata via via sfumando. Non che non mi interessasse più la “cosa pubblica”, tutt’altro; semplicemente mi sono accorto che spesso nei dibattiti televisivi (e sui gli altri media più in generale) era assente l’elemento fondante: le persone e la collettività.
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Se vogliamo ripartire come individui e come collettività dobbiamo cercare di prendere piena consapevolezza di noi stessi per esprimere il nostro massimo potenziale e vivere una vita piena.
Parliamo, quindi, delle persone.
Se un po’ mi segui, saprai che da anni mi sono appassionato dei temi di crescita personale e del coaching. Tra i tanti testi che ho letto, ce ne è uno che suggerisco spesso a chi mi chiede un consiglio di lettura in tal senso: “Scegli la tua vita!” di Jacques Attali (economista e saggista). Un testo molto illuminante perché, come sostiene l’autore, proprio partendo dal fatto che viviamo in un momento complesso (crisi dell’economia, del lavoro, della politica, etc.), l’unica decisione importante da prendere è quella di puntare sulla scoperta di sé stessi e sulla relativa realizzazione, piuttosto che sperare in qualche aiuto salvifico esterno. Libro interessante perché, ripercorrendo la storia di tanti personaggi che ce l’hanno fatta, ci mostra che chi agisce per realizzare sé stesso, alla fine, trasforma la sua vita.
Se ci fai caso, le persone che hanno raggiunto la consapevolezza di sé sono quelle che meglio performano sul lavoro, che vivono una vita piena e che danno il loro maggior contributo alla società. Non parlo, come magari si potrebbe pensare, solo di chi ha avuto “successo” (cfr. star, mega imprenditore o influencer da milioni di follower di turno), ma delle tante persone che hanno capito qual è il loro posto nel mondo, qual è il lavoro che vogliono fare, e che hanno fatto in modo di seguire la loro strada.
Queste persone le riconosci subito perché non provano invidia per gli altri, non hanno il tempo di criticare, cercano di essere di ispirazione e sono concentrate su loro stesse. Il ché non vuol dire trasformarsi in egoisti, ma anzi donare e realizzare la parte migliore di sé stessi.
Ripartire, insieme.
Ebbene, se vogliamo ripartire, sia come individui sia come collettività, direi che dovremmo farlo proprio da qui. Dalla scoperta del proprio sé più profondo, del proprio daimon. E, aggiungo, aprirci agli altri. Entrare in contatto e in relazione con l’altro. Oggi siamo abituati a chiamarlo “fare networking”. Perché nessuno può farcela da solo. Tutti hanno bisogno che qualcuno dia loro un’opportunità. Come si può evincere da un altro bellissimo libro che consiglio di leggere: “Fuoriclasse: storia naturale del successo” di Malcolm Gladwell.
Ivan Zorico
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