Quando dieci anni fa abbiamo pubblicato il primo numero di #ripartItalia, nostro primo numero seriale, avevo l’idea di parlare di quelle possibilità, di quelle opportunità, che avrebbero potuto rilanciare il nostro Paese.
Non certo qualcosa di astratto. Nelle mie intenzioni, e in quelle dell’amico e socio Raffaello Castellano, c’era l’obiettivo di presentare, condividere e mostrare spunti e idee da cogliere per chi, in quel momento, era alla ricerca di un impiego o, magari, faceva parte della cosiddetta Generazione Neet (Not in Education, Employment or Training), ossia chi non era né occupato né inserito in un percorso di istruzione o di formazione.
Impegno nobile (sì, me lo dico da solo) che abbiamo portato avanti in tutti questi anni, cercando di raccontare i vari cambiamenti economici e sociali per dare una bussola con cui orientarsi in uno scenario davvero complesso.
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Siamo in una fase di passaggio. Tutto ha preso un’enorme velocità. Ed il vecchio ed il nuovo mondo hanno difficoltà ad andare d’accordo. Da un lato viviamo realtà fatte di immobilismo sociale e più simili al secolo scorso, dall’altro le spinte delle nuove generazioni faticano ad essere pienamente riconosciute. Con il rischio reale di starci giocando le migliori energie.
Se ci pensi, in questi dieci anni è successo davvero di tutto: abbiamo visto dispiegare i rischi e le opportunità della rivoluzione digitale; abbiamo fatto i conti con l’ISIS; abbiamo vissuto una pandemia (non succedeva da 100 anni); abbiamo assistito allo scoppio di una guerra nel cuore dell’Europa che non sembra voler cessare; abbiamo fatto e stiamo facendo i conti con un’inflazione da record e con il cambiamento climatico e con tutto ciò che comporta; e, in ultimo, oggi l’intelligenza artificiale sta mostrando cosa sarà in grado di fare nei prossimi anni; solo per citarne alcune.
In questo contesto è facile sentirsi smarriti.
Siamo in una fase di passaggio. Tutto ha preso un’enorme velocità. Ed il vecchio ed il nuovo mondo hanno difficoltà ad andare d’accordo. Da un lato viviamo realtà fatte di immobilismo sociale e più simili al secolo scorso, dall’altro le spinte delle nuove generazioni e della cosiddetta new economy faticano ad essere pienamente riconosciute. Soprattutto in Italia. Con il rischio reale (anche se ormai dovremmo dire la certezza) di starci giocando le migliori energie ed aspirazioni di intere generazioni. Pensa solo al fenomeno dei fuga dei cervelli. Un giorno poi mi piacerebbe indagare sul perché abbiamo iniziato ad usare questa espressione che sembra (anzi, lo fa proprio) coprire di significato negativo chi decide legittimamente di voler vivere una vita in linea con i propri obiettivi, che vuole vedere essere riconosciuti i propri meriti e di volerlo fare, infine, laddove desidera e accade.
Servirebbe un nuovo equilibrio, penserai?
Sono d’accordo con te. Così tanto che a questo tema abbiamo dedicato l’intero numero scorso: lo trovi qui.
Ma serve anche dell’altro. Serve conoscenza, consapevolezza. Per ripartire, o semplicemente per partire, necessitiamo di padroneggiare bene due aspetti: il nostro punto di partenza e la meta. Entrambe le cose sono importanti per poter tracciare il percorso che ci porterà a raggiungere il nostro obiettivo. Non possiamo pianificare nulla se non abbiamo ben chiaro chi siamo, cosa vogliamo e di quali risorse disponiamo. E non possiamo arrivare da nessuna parte se non ci interroghiamo seriamente sui nostri valori, su chi vorremmo essere e su cosa vorremmo realizzare. Analizzati bene questi due aspetti, magari anche attraverso un percorso che ci aiuti a identificarli nitidamente, allora potremo finalmente iniziare a mettere in campo azioni misurabili che ci consentiranno di trasformare in progetto quello che inizialmente può essere visto solo come un sogno.
Ti lascio con una frase molto potente di Carl Gustav Jung che riassume un po’ tutto: “La tua visione diventa chiara solo quando guardi dentro il tuo cuore. Chi guarda fuori, sogna. Chi guarda dentro, si sveglia.”
Ivan Zorico