Jessica Palese (23)
“La felicità è reale solo quand’è condivisa.” recitava Emile Hirsh nel film
Into the wild, pellicola in cui un giovane benestante fuggiva da una società consumista nella quale non riusciva più a vivere. E’ possibile oggi pensare ad un’economia della felicità? Un nuovo mondo virtuoso in cui lo sviluppo
passi attraverso la condivisione delle risorse e non tramite la mera competizione? Negli ultimi anni, la crisi economica globale ha messo in discussione le regole del sistema economico-sociale di stampo tradizionale. Il fenomeno, non solo ha determinato la chiusura di molte imprese, ma ha naturalmente ostacolato il nascere di nuove realtà imprenditoriali. Risulta sempre più difficile avviare una propria attività in un modello industriale “antico” che ha ampiamente dimostrato le sue falle. Alcune menti brillanti sono però riuscite a trasformare la crisi in un’opportunità per rovesciare le regole del mercato e dar vita alla cosiddetta
sharing economy. Si tratta della condivisione di beni o capacità in proprio possesso con l’obiettivo di tradurli in vantaggio economico, un’evoluzione naturale di comportamenti che esistono da sempre nella vita umana. L’utilizzo dei beni viene così ottimizzato, consentendone l’accesso senza implicarne l’acquisizione. Ne consegue un minor spreco di risorse a fronte di un risparmio economico e la creazione di una community che si impegna per il bene comune. Il successo del settore è agevolato dalla crescente possibilità di contatto offerta da internet e dai social network. Di seguito, le esperienze più note di economia condivisa. Il car sharing di
BlaBlaCar L’app permette ai suoi 9 milioni di utenti di trovare e offrire un passaggio in Italia e in Europa e di condividere le spese di viaggio. I conducenti indicano la loro tratta, la data, l’ora di partenza e il prezzo da chiedere. I passeggeri
inseriscono le città di partenza e di arrivo e scelgono il conducente. Si mettono in contatto, stabiliscono un punto di ritrovo e viaggiano insieme. Si dividono le spese, si riducono le emissioni di CO2 e cresce la possibilità di socializzare con nuove persone. Il sito nasce nel 2012 e ad oggi BlaBlaCar rappresenta il 90% del mercato italiano di car sharing con più di un milione di utenti mensili attivi. Nel 2012 la startup dell’autostop 2.0 è stata premiata con la medaglia d’oro dell’EcoSummit, il premio per le start-up più ecologiche e nel 2013 è apparsa nella classifica di WIRED delle 100 startup più interessanti e di successo. Il cooking sharing di
Gnammo Il portale fa incontrare chi ama cucinare con chi ama mangiare. Ci si iscrive e si sceglie se registrarsi come cuochi ed organizzare un evento, o come “gnammer”. Lo chef organizza una cena: stabilisce il giorno, il menù, il
numero di persone che vuole invitare e fissa un prezzo. L’assaggiatore può selezionare le diverse offerte filtrandole in base alla regione, alla città o al nome del cuoco e proporsi come partecipante. Il cuoco valuta, sulla scorta delle informazioni contenute nel profilo del potenziale ospite, se accettarlo o meno; in caso di risposta positiva lo gnammer, una volta pagato il costo dell’evento, riceverà l’indirizzo al quale recarsi. Segnalato fra i migliori 10 siti di social eating al mondo, unici italiani, la sua crescita è diventata esponenziale soprattutto a partire dal gennaio 2013 grazie a una nuova versione del sito con criteri di ricerca più specifici, valutazioni date ai cuochi e agli ospiti. L’house sharing di
Airbnb Il programma consente di prendere in affitto o subaffitto un’abitazione per pochi giorni, mettendo in connessione diretta proprietari di case e turisti. Basta inserire la destinazione e le date del viaggio nella barra di ricerca per scoprire diversi posti in cui soggiornare in qualsiasi parte del mondo. Si sceglie il posto e si entra in contatto l’host che gestisce le prenotazioni.
Nata nel 2008, la startup californiana è oggi presente in 190 paesi e 34000 città, vantando 11 milioni di clienti in tutto il mondo. In vista di Expo 2015, il Comune di Milano ha aperto un confronto con Airbnb e altri siti del settore. Lo scopo è stabilire dei protocolli che garantiscano affidabilità, qualità, sicurezza e offrire una risposta sostenibile alle esigenze di ricettività della città, senza costruire nuovi alberghi che, dopo Expo, rischierebbero di restare vuoti. La sharing economy vuole quindi porsi come un modello di sviluppo più sostenibile che porta con sé una nuova organizzazione della domanda e dell’offerta e parte dal basso per offrire nuove opportunità di lavoro e forme diverse di imprenditorialità.