Siamo di nuovo in una specie di lockdown, ma il lockdown non è uguale per tutti, influisce sulle differenze la dimensione della casa, la città o paese in cui si vive, la situazione economica e poi non è uguale soprattutto tra uomo e donna. Uno degli aspetti che abbiamo dovuto sperimentare da marzo 2020 ad oggi è lo smart working, infatti, il terreno cruciale dove si gioca la differenza tra uomo e donna è proprio il lavoro. L’Istat riporta che nel 2020, 312 mila donne hanno perso il lavoro, contro 132 mila uomini; donne soprattutto autonome e precarie, perché le donne sono impiegate più degli uomini in lavori precari o di ambito domestico, per i quali è più facile licenziare, come, ad esempio, badanti o baby sitter.
Quando il lavoro ancora si ha, lo smart working spesso per le donne significa non riuscire a dividere la vita domestica da quella lavorativa e per chi ha dei figli, con la didattica a distanza l’impresa diventa davvero eroica.
Questi i problemi delle donne chiamiamole (chiamiamoci) comuni, ma la differenza di trattamento e di considerazione passa anche attraverso altri mezzi. Prendiamo ad esempio chi il lavoro l’ha creato con la propria immagine. Esempi di donne che spesso vengono giudicate, denigrate, perché in un paese come il nostro è difficile da accettare che una donna possa guadagnare bene, essere indipendente, piacersi, affermarsi, tutto insieme, semplicemente determinando se stessa e che poi abbia anche dei contenuti da comunicare o valori da trasmettere, che vadano oltre il suo aspetto fisico.
Basti pensare alla regina delle influencer, Chiara Ferragni, che nel momento in cui posta una foto in piena notte, nuda col suo pancione, scatena gli attacchi degli hater da tastiera, tra cui, purtroppo, anche tante donne, che addirittura si chiedono se il marito Fedez le abbia dato il permesso di mostrarsi in quel modo, quello stesso marito che è meno famoso di lei, guadagna meno di lei, ma siamo in Italia ed una donna, prima di condividere una foto, deve chiedere il permesso al suo maschio alfa dominante che le ha fatto l’onore di prenderla in moglie. Semplice e puntuale la risposta dell’influencer “È triste che la maggior parte dei commenti siano di donne che pensano che il marito possa decidere i contenuti da postare. Siamo donne, siamo nel 2021, possiamo scegliere. State con persone che apprezzino la vostra libertà”.
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A distanza da un anno dal primo lockdown, siamo ancora qui a confrontarci con chiusure più o meno generalizzate e con abitudini di vita e di lavoro che fatichiamo ancora a fare nostre. Ecco i nostri suggerimenti per la vostra remote life.
E a proposito di donne e lockdown la sera dell’8 marzo è andato in onda il documentario “Tutte a casa. Memorie digitali da un mondo sospeso”, realizzato dal collettivo “Tutte a casa”, per la regia di Nina Baratta, Cristina D’Eredità ed Eleonora Marino. Quella era la sera della Giornata internazionale dei diritti della donna ed eravamo alla vigilia di un nuovo Dpcm che ci avrebbe nuovamente chiusi in casa ed è arrivato questo racconto, composto da video diari di oltre cinquecento donne, che da nord a sud mostrano momenti della loro quarantena, tra casa e lavoro, in quei mesi di lockdown totale in cui la vita è stata sospesa. Un insieme di storie che rientrano in un’unica grande storia che purtroppo non possiamo ancora considerare passata, ma che sicuramente ci sta dando spunti per riflettere su quanto ancora ci sia da fare nel nostro paese sotto tanti aspetti.
Qualunque sia la situazione economica e lavorativa, una frase ho sempre in mente, che riassume bene la situazione della donna ed è di Charlotte Whitton, femminista canadese e prima donna sindaco di Ottawa, che dice così “Le donne devono fare qualunque cosa due volte meglio degli uomini per essere giudicate brave la metà”, infatti, si dà sempre per scontato che una donna debba badare alla casa, cucinare, accudire la famiglia, ora anche lavorando in smart working, dove tutti questi aspetti si sovrappongono e se ha accanto un uomo che collabora è considerata una donna molto fortunata, che deve ringraziare il cielo e lui, di conseguenza, è considerato un uomo molto speciale.
Inutile dire che nel 2021 questi atteggiamenti rasentano la follia e non possiamo certo meravigliarci dell‘alto tasso di femminicidi che avvengono in Italia, perché tutto parte proprio da questi piccoli gesti, dalle piccole parole e dal fatto che si faccia passare per normale il doversi ancora giustificare di chi si vuole essere e di cosa si voglia fare. Finché una donna dovrà ancora affrontare tutte queste limitazioni tutti i giorni, saremo ben lontani da quello che è il rispetto e più che da festeggiare c’è ancora tanto da lottare e credo che queste battaglie debbano passare dalle istituzioni, dai mass media, da chi ha il potere di condizionare il pensiero comune, ma anche e soprattutto da noi stesse, nelle nostre vite quotidiane.
Ricordiamoci che non dobbiamo chiedere il permesso per far nulla, bensì esigere il rispetto del nostro pensiero e del nostro corpo e non dobbiamo per forza sottoporre al giudizio degli altri quello che facciamo, né accettare aggressioni verbali e fisiche, possibilmente tutto questo con il sostegno di una società che dovrebbe rappresentarci e tutelarci, anziché omaggiarci come si fa con chi ormai non c’è più.
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