Social events – L’editoriale di Raffaello Castellano

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Data: 26 dicembre 2004
Ora: 00:58:53 UTC
Luogo: Oceano Indiano, al largo della costa nord-occidentale di Sumatra (Indonesia)
Profondità: 30 km
Magnitudo: 9,1 (il terzo terremoto più violento degli ultimi 60 anni)

Lo tsunami, conseguenza di questo cataclisma immane, che farà oltre 220.000 vittime in tutta l’Indonesia, è, con tutta probabilità, il primo “evento social” della storia, fotografato, ripreso e documentato quasi interamente da non professionisti: i turisti, soprattutto occidentali, coinvolti nell’evento.

Raffaello CastellanoLa diffusione dei primi telefoni cellulari dotati di fotocamera e videocamera, fra il 2003 ed il 2004, diede il via non solo al cosiddetto citizen journalism, ma a quella vera e propria rivoluzione digitale che avrebbe visto negli apparecchi cellullari, sempre più performanti e tecnologici, il terminale perfetto per comunicare in tempo reale attraverso il web.

Uno dei disastri più devastanti che l’uomo ricordi è stato il primo terreno di prova dei nuovi ritrovati tecnologici ed insieme il primo evento di rilevanza mondiale che è stato ripreso e fotografato dai media non tradizionali.

Alla stessa maniera, ed è alquanto singolare, la guerra di Crimea lo fu per la fotografia analogica e la Prima Guerra Mondiale per il cinema, anche se fu il 2° conflitto mondiale a consacrare definitivamente il cinema non solo come mezzo in sé, ma come vera e propria arma.

Se confrontiamo lo tsunami del 2004, oppure altri due eventi contemporanei come gli attentati terroristici di Madrid (11 marzo 2004) e Londra (7 luglio 2005) con quello ben più disastroso dell’11 settembre 2001 di New York, ci rendiamo conto di come, in capo a 4 anni, sia cambiata la natura stessa delle immagini che documentano un evento.

Nell’attentato alla Torri gemelle del 2001, la quasi totalità delle immagini era stata realizzata da fotografi ed operatori video professionisti; l’impatto del primo volo ripreso da terra, ad esempio, fu filmato da una troupe che stava realizzando un documentario sul corpo dei Vigili del Fuoco di New York, mentre gran parte delle riprese televisive furono realizzate sempre da troupe professioniste appartenenti ai vari network, sistematesi sui grattacieli vicini.

Come ci dice la storia, il primo cellullare dotato di fotocamera fu il Samsung SCH-V200 lanciato nel giugno 2000 (o se preferite lo Sharp J-Phone J-SH04 del novembre 2000), e nel 2001 la loro diffusione era ancora limitata, ma nel 2004 erano già in tanti i possessori di telefonini dotati sia di fotocamera che di videocamere, e quindi cambiò per sempre la maniera di documentare un evento. Non furono più fotoreporter professionisti ed agenzie stampa a dare notizie, ma il cittadino comune che, in virtù della sua natura di testimone oculare dell’evento vissuto (o semplicemente osservato) e dei nuovi ritrovati tecnologici, diventava testimone della storia.

Il Samsung SCH-V200 del giugno 2000.
Il Samsung SCH-V200 del giugno 2000.

In realtà basta sfogliare qualsiasi manuale di storia della fotografia per rendersi conto di come l’esplosione dell’immagine digitale abbia rappresentato pure la morte della sua “oggettività” e del suo “valore documentale”. La trasformazione delle immagini dal loro supporto materiale e dalla loro natura chimica alla nuova natura immateriale e digitale fece sì che l’immagine stessa si svincolasse dai suoi supporti classici (pellicola, fotocamera, cinepresa, VHS, etc.) e che divenisse possibile generare un’immagine “artificiale” direttamente al computer, attraverso algoritmi più o meno complessi (in virtù della sua natura binaria) e codificando i suoi 0 e 1 nei miliardi di combinazioni possibili.

Ma veniamo ad oggi: come avevo già scritto nel precedente editoriale, assistiamo al susseguirsi senza soluzione di continuità di eventi che sono sempre i “più social di sempre”. Alcuni esempi: X Factor 2018, l’Isola dei Famosi 2018, Olimpiadi Invernali, Sanremo 2018, etc., etc..

Oramai sembra che non si possa organizzare neanche una partita a carte fra amici senza renderla social, facendo una pagina su Facebook, postando foto su Instagram o Snapchat, addirittura creando un gruppo di discussione su Whatsapp.

Lo tsunami dell’Indonesia del 2004.
Lo tsunami dell’Indonesia del 2004.

Siamo perennemente alla ricerca dell’evento, anzi siamo noi stessi immersi in un evento che è diventato immersivo, pervasivo e permanente. Ma il rischio è dietro l’angolo: se, come la psicologia ci insegna, la prolungata esposizione ad uno stimolo crea assuefazione, corriamo il rischio di non riuscire più a distinguere fra una partita a carte fra amici e un disastro aereo, fra il festival di Sanremo e la crisi umanitaria dei migranti, fra ciò che davvero rappresenta la rottura di uno status quo, e quindi un evento, e la semplice spettacolarizzazione del banale.

La capacità di distinguere (e quindi di scegliere e di assegnare valore), è forse la caratteristica che ci rende più umani; distinguere una vera notizia da una fake news, Buona Domenica da Super Quark, l’Isola dei Famosi da veri naufraghi, è un talento che non dobbiamo assolutamente perdere.

Anzi, dovremmo esercitare questa nostra capacità con disciplina, evitando di atrofizzarla per pigrizia così come di esaurirla per un uso scorretto e smodato, ne va della nostra sopravvivenza!

Lo tsunami dell’Indonesia del 2004.
Lo tsunami dell’Indonesia del 2004.

Perché, mai come ora, in un mondo che realmente è alla portata di un clic, pieno di possibilità espressive, rischiamo di cadere vittime del pensiero unico, vittime delle utopie, vittime delle truffe, vere e proprie vittime degli “eventi”, non riuscendo più a distinguere il bene dal male, il vero dal falso, il giusto dallo sbagliato, il bello dal brutto, smarrendo e sfarinando la nostra identità.

E quando non sapremo più chi siamo, quello sì che sarà un evento!

 

Raffaello Castellano

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