Il 2020 non è un anno che ci porteremo nel cuore, nè un anno che dimenticheremo facilmente. E’ iniziato male, ha continuato peggio e ci sta lasciando con l’amaro in bocca perchè, chi più chi meno, un po’ tutti abbiamo visto svanire i tanti progetti che avevamo e le certezze che la vita ci dava da sempre.
“Eravamo felici e non lo sapevamo” è una delle frasi che abbiamo letto più sui social. In realtà lo sapevamo e non ci bastava.
Il 2020 ci ha fatto sentire come in un film catastrofico, o in un grande esperimento sociale, più che un anno è stato una grande prova di forza e di resistenza, soprattutto psicologica. Ne stiamo uscendo tutti un po’ diversi, più riflessivi, più consapevoli dei nostri bisogni e di quali sono le cose per noi fondamentali, le nostre linfe vitali.
Abbiamo modificato le nostre abitudini e il nostro modo di essere e relazionarci, abbiamo avuto paura del vicino di casa, del passante che accorciava le distanze, del tizio in cassa dietro di noi al supermercato. Abbiamo iniziato a utilizzare in massa parole mai usate prima così spesso: assembramenti, congiunti, lockdown… ci siamo sentiti prigionieri, abbiamo familiarizzato con ogni angolo della nostra casa e i balconi sono diventati le nostre valvole di sfogo. Abbiamo passato mesi tra paura e incredulità ripetendoci “andrà tutto bene” e disegnando arcobaleni man mano sempre un po’ più sbiaditi.
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È indubbio che quest’anno passerà alla storia come l’anno della pandemia. Così come indubbio che quest’anno ha portato malessere sociale, psichico ed economico.
Ma dobbiamo sforzarci di cogliere un bagliore di luce anche in un anno così buio.
Per un po’ sembrava che il mondo fosse stato messo in pausa, e poi abbiamo capito che, come è stato da sempre, dovevamo solo adattarci, ripensare al modo di fare le cose e semplicemente trovare il modo di farle. Ci siamo svegliati dal trauma e ci siamo detti “E’ il 2020… abbiamo gli strumenti per farle, nonostante tutto” anche se spesso li abbiamo ignorati, abbiamo pensato che non servissero davvero, che fossero un vezzo, utile ma non indispensabile, ingegnoso ma non davvero necessario.
E quindi…
Abbiamo trovato il modo di continuare ad essere in contatto con gli altri anche se lontani, e tutto ciò è stato possibile soprattutto tramite i social media, finalmente rivalutati e valorizzati per quello che è il loro scopo principale, la motivazione per cui sono nati: Connettere le persone, essere degli strumenti che abilitano e facilitano le relazioni.
Come sarebbe stato un lockdown senza Facebook, Whatsapp, Instagram…?
Queste piattaforme ci hanno dato la possibilità di continuare a vedere e sentire amici e parenti, essere aggiornati su cosa stavano facendo gli altri negli stessi momenti difficili, vedere come reagiva il resto del mondo e sentirci tutti un po’ meno soli e più empatici, un po’ più vicini. Insomma i social media nel 2020 hanno svolto quella che è la loro principale funzione e credo che questo abbia portato a una grande rivalutazione di tali mezzi, spesso bistrattati e banalizzati, considerati alla stregua di un gioco da adolescenti. Zuckerberg ha di che essere orgoglioso, il 2020 è stato l’anno della sua piccola rivincita, della rivincita del web, a cui finalmente abbiamo dato la giusta e meritata importanza.
Abbiamo trovato il modo di continuare a lavorare, fare riunioni, partecipare ad eventi… e tutto questo ancora una volta grazie a piattaforme tecnologiche, servizi di videoconferenza come Zoom o Meet, software di collaborazione aziendale come Slack, ma soprattutto abbiamo fatto un balzo avanti negli anni, abbiamo aperto la mente, abbiamo capito che la presenza in ufficio, la postazione di lavoro a vista, la trasferta che richiede tempo e denaro per incontrarsi dal vivo non sono le uniche opzioni possibili. In Italia lo smart working era ancora agli albori, al di fuori della nostra mentalità e invece in pochi mesi è diventato la quotidianità, seppur necessaria e indispensabile. Avevamo bisogno che fosse l’unica via, per percorrerla veramente.
In ogni caso abbiamo fatto un salto avanti di forse 30 anni e almeno di questo al 2020 possiamo esserne grati. Lo smart working è approdato anche nel settore pubblico (chi lo avrebbe mai detto?); si è fatto un gran parlare di south working (soprattutto nel periodo estivo), di eventi phygital, si è arrivati persino a ripensare il futuro degli spazi lavorativi, a nuovi modelli di workspace aziendali nell’era post-Covid (che prevedono una buona parte di lavoro di remoto e gli uffici da utilizzare soltanto al bisogno, totalmente rivisti anche nella loro organizzazione degli spazi; pensati più come luoghi di aggregazione, di connessione ma anche di relax).
Una cosa è certa: lo smart working non sarà una parentesi, non si supererà di pari passo alla pandemia. Il mondo del lavoro è stato profondamente rinnovato da questo 2020 e difficilmente si tornerà indietro. Anzi, le prospettive future di delocalizzazione promettono bene anche in ottica di possibilità lavorative tra nord e sud.
E per ultimo…
Abbiamo rivalutato l’e-commerce, abbiamo preso confidenza con gli acquisti online. E non soltanto da un punto di vista da consumatore, ma soprattutto da aziende e PMI. Sono tante le aziende che, approfittando del periodo, hanno compiuto il grande passo e si sono lanciate nel mondo delle vendite online che prima le spaventava.
Secondo lo studio “Il ruolo e il contributo dell’e-commerce e del digital retail alla crescita e alla trasformazione digitale” realizzato da Netcomm in collaborazione con The European House – Ambrosetti, in Italia, nel 2020, il giro d’affari dell’e-commerce e del digital retail ha raggiunto quasi i 60 milioni di euro, con un incremento del 6% e di 3,5 miliardi di euro. Ne hanno risentito ovviamente in negozi fisici, ma molti di loro hanno saputo regire e puntare all’omnichannel. Anche loro hanno trovato una nuova modalità per continuare a fare quello che facevano in passato.
Bisogna sforzarsi non poco per ammettere che ci sono stati anche dei lati positivi generalizzati in questo anno. E visto che per farlo è necessario ripercorrere il 2020 mese per mese, colpo di scena per colpo di scena – diciamoci la verità – tendiamo ad evitare.
Giunti alla fine siamo più propensi a proiettarci verso l’anno prossimo, a nutrire speranze nuove, a guardare avanti.
Dicembre però, per consuetudine, è il momento dei bilanci dell’anno che sta per concludersi e anche durante un annus horribilis come questo possiamo essere in grado di trovare del buono, che sia nelle abitudini, nelle tendenze o nella conoscenza di sè.
Lo avremmo evitato volentieri questo 2020; lo ricorderemo a lungo, diventerà probabilmente lo spartiacque tra un modo di vivere di prima e quello di dopo, ma da un punto di vista della digitalizzazione del nostro paese sarà uno spartiacque positivo, un colpo di acceleratore che magari ci porterà bene.
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