Cinquanta anni sono passati dal viaggio più lungo che l’umanità abbia mai intrapreso.
Cinquanta anni dall’impresa scientifica più difficile di sempre.
Cinquanta anni dalla corsa alla conquista dell’ambiente più ostile che si possa immaginare.
Sì, sono 50 anni dallo sbarco del primo uomo sulla Luna, avvenuto nella notte del 20 luglio 1969.
Ma come raccontare quello che forse è il più grande successo scientifico dell’umanità?
Come rendere a parole quella che è stata la più grande ed emozionante scossa tellurica che l’umanità tutta abbia mai sperimentato?
Dieci anni fa, mentre ero corrispondente di un piccolo settimanale di provincia, chiesi all’editore di poter scrivere un articolo sugli allora 40 anni dello sbarco sulla Luna; ho ritrovato e riletto quel pezzo e sinceramente non so se oggi, con qualche anno in più di esperienza, potrei scrivere un articolo migliore o quantomeno diverso da quello di dieci anni fa.
Certo ci posso provare, ma non sempre l’esperienza può competere con la freschezza e l’incoscienza dei primi articoli, e credo che questo valga per tutte le esperienze.
Allora, per iniziare, facciamo un po’ di ordine: come tutte le grandi storie, anche questa dello sbarco sulla Luna ha qualche antefatto, vediamoli insieme.
Siamo in pieno clima di Guerra fredda, su due fronti le due superpotenze, USA ed URSS, si sfidano sia sul piano militare (con una corsa agli armamenti senza precedenti), sia su quello tecnologico (miglior tecnologia vuol dire migliori armamenti), sia su quello sociale ed intellettuale (meglio il regime comunista o la democrazia occidentale?), il tutto per raggiungere la supremazia, l’egemonia, il potere assoluto.
Nella corsa allo spazio sarà però l’URSS ad assestare i primi colpi che manderanno letteralmente KO l’America, che per quasi un decennio stenterà a rialzarsi.
Il 4 ottobre del 1957 l’Unione Sovietica, infatti, mette in orbita il primo satellite artificiale: lo Sputnik 1.
È un durissimo schiaffo all’Occidente: l’America si rende conto che gli scienziati sovietici sono molto più avanti di loro nelle tecnologie aerospaziali, ma come si è detto non è finita qui.
A distanza di neanche un mese, il 3 novembre, sono sempre i Sovietici a lanciare il primo essere vivente nello spazio, la cagnolina Lajka, a bordo dello Sputnik 2. Saranno due eventi scientifici senza precedenti che l’URSS saprà utilizzare a scopi propagandistici per dimostrare la supremazia del sistema comunista.
A fine ottobre del 1957, per correre ai ripari e riguadagnare credibilità a livello mondiale, il presidente americano in carica, David Dwight Eisenhower, istituisce la NASA (National Aeronautics and Space Administration), l’ente che da quel momento sarà responsabile per la ricerca, la tecnologia, la gestione ed il controllo di tutte le attività in campo aerospaziale (fino ad allora, infatti, la Marina e l’Aeronautica Militare Americane avevano dei propri e differenti programmi spaziali).
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Ma l’istituzione della NASA, per quanto necessaria e programmatica, non basta, perché sarà sempre l’Unione Sovietica ad inviare il primo uomo nello spazio, Jurij A. Gagarin, il 12 aprile del 1961, a bordo della Vostok 1.
A distanza di poco più di due anni, il 16 giugno 1963, è la volta di Valentina Tereskova, prima donna nello spazio e di nuovo una sovietica.
Pare oramai evidente che l’URSS non solo sta vincendo le singole sfide, ma l’intera guerra della corsa allo spazio e della conseguente egemonia scientifica, tecnologica e sociale che ne deriva.
L’America è all’angolo, ed il neo eletto Presidente John Fitzgerald Kennedy, sbalordito dalla prova muscolare dell’Unione Sovietica, decide di stanziare nuovi fondi alla NASA e, in uno storico discorso al Congresso degli Stati Uniti il 25 maggio del 1961, promette che entro la fine del decennio l’uomo sarebbe arrivato sulla Luna e che quell’uomo sarebbe stato un Americano.
La corsa al nostro satellite era ufficialmente cominciata ed avrebbe coinvolto le menti più brillanti della generazione: da parte sovietica l’ingegnere e capo progettista Sergej Pavlovič Korolëv, dall’altra Wernher von Braun, lo scienziato ed ingegnere tedesco naturalizzato statunitense, ex membro del Partito Nazista durante la Seconda Guerra Mondiale e sviluppatore delle micidiali bombe a razzo V2 che, rifugiatosi in America, nel 1960 fu messo a capo delle operazioni di sviluppo al George C. Marshall Space Flight Center (NASA), dove fu sviluppato il gigantesco (110 metri di altezza) razzo vettore Saturno V che porterà tutte le missioni Apollo in orbita e l’Apollo 11 sulla Luna.
Finalmente, la notte del 20 luglio del 1969, un equipaggio di 3 uomini, composto da Neil Amstrong, Edwin E. Aldrin e Michael Collins (quest’ultimo in realtà rimarrà sul modulo di comando Columbia in orbita lunare), partito quattro giorni prima, riesce a mettere piede sulla Luna riscattando l’orgoglio, non solo degli Stati Uniti, ma del Mondo Occidentale intero, ponendo la parola fine a questa esaltante corsa tecnologica.
Quindi, così come già era successo per l’invenzione della bomba atomica, la voglia di supremazia dell’uomo aveva prodotto, in capo ad un decennio, una rivoluzione scientifica epocale, questa volta, per fortuna, meno funesta del Progetto Manhattan.
Lo sbarco sulla Luna fu anche il primo grande evento mediatico globale, trasmesso in diretta in quasi tutto il mondo: circa 600 milioni di persone videro quella notte le operazioni di sbarco, in Italia bar e osterie furono presi d’assalto (la televisione era ancora poco diffusa nelle abitazioni private) da quanti non volevano perdersi l’evento.
La Rai, che ancora trasmetteva in bianco e nero, organizzò una trasmissione diretta fiume di 28 ore, condotta in studio dal mitico Tito Stagno e che vedeva inviato ad Houston il grande giornalista Ruggero Orlando, autori entrambi di una gustosa e divertente diatriba sul momento “esatto” dell’allunaggio, con il primo che, preso dall’emozione, anticipò di qualche secondo l’effettivo atterraggio del modulo lunare “Aquila” nel Mare della Tranquillità.
Sicché quella calda, caldissima estate entrò diritta nella storia; l’uomo si scoprì all’altezza di imprese memorabili, mentre tanti, tantissimi, si sentirono figli delle stelle. Altri figli, questi dei fiori, trasformarono un mese dopo (il 15, 16 e 17 agosto), un festival qualunque della musica a Woodstock, nello stato di New York, nel più grande raduno, nonché manifesto hippy, del mondo: più di 400.000 giovani si riunirono per innalzare il canto di pace ed amore della contro cultura e per viaggiare a bordo della fantasia, aiutati dalla musica rock e dalle droghe psichedeliche.
Ma questa è un’altra storia, un’altra commemorazione, un altro anniversario che prima o poi vi racconteremo.
Sia come sia, per noi di Smart Marketing, come per il resto dei media nazionali e mondiali, questo anniversario dell’allunaggio rappresenta l’occasione per fare il punto sullo stato attuale della ricerca scientifica, con la Luna che, dopo 50 anni da quella magica notte, torna prepotentemente sulla scena mediatica per una serie di ottime ragioni, prima fra tutte l’intenzione, confermata dalla NASA, di utilizzare proprio il nostro satellite come base intermedia per portare il primo equipaggio umano su Marte entro i prossimi 15/20 anni.
Ma noi abbiamo una ragione in più per commemorare questo anniversario: il titolo di questo numero, “Spazio: ultima frontiera”, echeggia spiritualmente sia l’incipit della famosa serie tv “Star Trek” che il leitmotiv del nostro primo numero, uscito nel maggio del 2014 e dedicato proprio a “L’Italia aerospaziale”. Anche per noi quello fu un piccolo passo editoriale che sarebbe diventato, dopo 5 anni, un grande balzo per noi, i nostri collaboratori e i tanti lettori che ci seguono.
Ci volle un grande coraggio, per me e l’amico Ivan, per gettare il nostro sguardo oltre i problemi del comparto editoriale, oltre le ristrettezze del budget, oltre le nostre conoscenze e raccogliere la sfida di un nuovo magazine che fosse al contempo specialistico ma con un taglio divulgativo; a noi sembrò una sfida ardua, e in un certo senso lo è ancora, e cominciare dall’argomento “spazio” ci ricordava costantemente di cosa l’uomo è capace se solo decide di raccogliere la sfida.
Vi auguro grandi sfide e buona lettura a tutti.
Raffaello Castellano
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