Supercomputer – L’editoriale di Raffaello Castellano

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Nell'immagine, generata dall'AI, un supercomputer in funzione in un data center - Smart Marketing
Immagine generata dall’AI di vecstock da Freepik.

Nell'immagine Raffaello Castellano Direttore responsabile del mensile Smart MarketingCosa fa funzionare il nostro mondo digitale e iperconnesso?

Non è una domanda così banale come sembra: anche se con i nostri smartphone siamo abituati ad accedere ad una grande quantità di servizi ed informazioni come mai prima nella storia dell’uomo, e diamo internet, il web, le email, i social e da ultimo le AI per scontati, in realtà non lo sono.

Diciamo la verità, a parte lo smartphone ed i nostri laptop, il web (e compagnia bella) ci appare una cosa eterea, incorporea, senza peso, ma non è così.

Ogni sito, ogni servizio cloud, ogni social, ogni AI, etc., ha una consistenza, ha un peso, occupa spazio e memoria e richiede per funzionare ingenti risorse in termini di energia, memoria e capacità di calcolo espresse nell’ordine dei PetaFLOPS; in pratica, anche se a noi utilizzatori non sembra subito evidente, qualunque servizio di internet ha una controparte hardware.

Le mirabolanti prestazioni a cui sono giunte le AI negli ultimi 10 anni sono dovute a due principali componenti, la prima è il crescere in prestazioni, dimensioni e connessioni di questa componente hardware, che rappresenta l’infrastruttura necessaria per il funzionamento del mondo digitale.

L’altra componente, come credo avrete intuito, sono i big data, che di anno in anno, grazie a milioni di nuovi utenti connessi ad internet, crescono oramai in maniera esponenziale.

Quindi abbiamo i big data da una parte e le AI dall’altra ed in mezzo tutta quell’infrastruttura hardware fatta soprattutto di supercomputer in grado di ospitare e far girare i programmi e gli algoritmi che ormai invadono il nostro mondo.

In Italia abbiamo diversi supercomputer, fra cui tre figurano fra i più potenti d’Europa: due sono gestiti dal consorzio Cineca il Marconi-100, capace di 21,64 petaFLOPS, e Leonardo (i secondo supercomputer più potente d’Europa), che è capace di eseguire calcoli a 174,7 petaflops, l’altro è l’Eni Hpc5, che esegue calcoli a 35,5 petaFLOPS.

È di inizio luglio la presentazione da parte di Fastweb di un nuovo supercomputer AI NVIDIA DGX SuperPOD dedicato espressamente all’Intelligenza Artificiale Generativa, addestrato con dati italiani attraverso un LLM ( Large Language Model) proprietario denominato MIIA (Modello Italiano Intelligenza Artificiale).

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In un mondo iperconnesso e con la sempre più elevata richiesta di elaborazione dati, chi saprà governare queste nuove spinte avrà la meglio nella competizione globale.

Insomma, benché sussista ancora un evidente digital divide fra nord e sud del paese, l’Italia, una volta tanto, non è la cenerentola delle nuove tecnologie, potendo contare su questi 4 supercomputer (oltre che su altri) e su aziende private e consorzi pubblici ed universitari che credono ed investono svariati milioni di euro nell’infrastruttura hardware che fa girare gli algoritmi e quindi il mondo che abitiamo.

Quindi non diamo per scontata l’infrastruttura che regge e fa funzionare il mondo, perché non lo è, e per farvelo comprendere meglio vi voglio raccontare una storia. 

Sapete che cosa è il progetto SETI?

L’acronimo sta per Search for Extra-Terrestrial Intelligence (Ricerca di Intelligenza Extraterrestre) e fu ideato e promosso dagli astronomi Frank Drake e Carl Sagan negli anni ‘60, ma è diventato pienamente operativo nel 1984, dopo che la NASA cominciò a finanziarlo.

Nell'immagine una radiotelescopio sonda l'universo sullo sfondo di una notte stellata - Smart Marketing
Image by Peter Schmidt from Pixabay.

Il progetto utilizzava una serie di radiotelescopi per sondare, o meglio ascoltare, l’universo alla ricerca di segnali radio trasmessi da eventuali intelligenze extraterrestri. All’epoca la grandissima quantità di dati che venivano raccolti da una parte e la scarsa potenza di calcolo dei computer dell’epoca dall’altra spinsero i ricercatori a lanciare nel 1999 il programma SETI@home, che consentiva a chiunque dotato di un computer ed una connessione internet di contribuire con le risorse computazionali del proprio computer domestico all’elaborazione dei dati raccolti.

Scaricando un piccolo software ogni utente appassionato di astronomia poteva eseguire le analisi del segnale di una work unit di 350 kilobyte.

Lo so, sembrano pochi, se non irrisori, 350 kilobyte, eppure, visto che furono oltre 5 milioni di persone e quindi di computer in centinaia di nazioni che si registrarono al progetto SETI@home, complessivamente il contributo fu di oltre 14 miliardi di ore di tempo di elaborazione. Il progetto viene ricordato dalla stampa del settore come un interessante esercizio di elaborazione distribuita (Grid computing) fatto in casa.

All’epoca non c’erano supercomputer abbastanza potenti per centralizzare tutti i milioni di calcoli necessari a sondare l’universo, e distribuire questo compito proibitivo su milioni di computer sparsi nel mondo era l’unica possibilità.

Questo numero di Luglio di Smart Marketing è dedicato ai Supercomputer che fanno girare il mondo ed al fondamentale contributo che hanno dato per plasmare il nostro presente e il nostro prossimo futuro.

Buona lettura. 

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