Si è conclusa una settimana fa (19-23 aprile 2017) la prima fiera dell’editoria di Milano: Tempo di Libri. Tante le polemiche che hanno accompagnato la genesi di questa manifestazione. Si è parlato di divisioni, di rivalità, di scelte politiche, di strappi e molto altro.
Ad una settimana dall’evento, e con i numeri alla mano, cerchiamo di tirare le somme.
Partiamo dalla location.
Senz’altro la scelta di inserire questa manifestazione negli spazi lasciati vuoti dall’EXPO è stata premiante: grandi spazi e ben attrezzati, un’ottima viabilità e servizi rodati.
Tutto bene, quindi? La risposta è no!
Manifestazioni di questo genere hanno successo se si raggiunge un certo numero di partecipanti. Insomma, se la manifestazione è vissuta. Tempo di Libri ha registrato solo 60.796 presenze. Numeri molto bassi; figli molto probabilmente dell’infelice scelta di collocare questa fiera nei giorni del “mega ponte del 25 aprile” e soprattutto di non aver portato le scuole tra gli stand. Inoltre, proprio la rivalità con il “Salone Internazionale del Libro” non ha giocato un ruolo conciliante con la comunità dei lettori e, soprattutto, dei piccoli e medi editori.
Tutto da buttare, quindi? “NI”!
Di occasioni per parlare di cultura, editoria e libri, in un paese come il nostro che ha il 60% di non lettori, se ne ha sempre un gran bisogno. Pertanto, ben vengano manifestazioni che esaltino la centralità della cultura. Mi sarebbe sicuramente piaciuto di più che, oltre ad assistere alla polemica sull’opportunità di avere due manifestazioni pressoché analoghe a soli 100km di distanza e separati temporalmente da solo 1 mese, si creasse anche un dibattito su come invertire il trend negativo che ci vede come uno dei paesi europei con il più basso indice di lettura. Ma tant’è siamo in Italia, e polemizzare tira di più che costruire.
Probabilmente già dall’anno prossimo tra le due manifestazioni tornerà il sereno. Anche perché dividersi un mercato (quale quello dei lettori) dai numeri non già particolarmente importanti, non fa comodo a nessuno.
Una domanda, però, mi sorge spontanea; non per fare campanilismo: ma perché non si studia ad una fiera del libro che abbia le sue radici nel Mezzogiorno d’Italia?
Il Sud soffre particolarmente di una carenza di lettori: ci sono regioni in cui i 2/3 della popolazione non ha letto neanche un libro nel 2014, dati Istat. E, forse, piantare il seme della lettura in una terra così assetata, sarebbe una vera e propria rivoluzione culturale.