Una schermata nera ci avvisa con un cartello, come nel film Halloween di John Carpenter, dove siamo ed in che anno: Terni, 10 marzo 2023, subito seguito da una seconda scritta che recita Tredicesimo Lockdown, il tutto scandito da una musica dal ritmo martellante e spiccatamente ansiogena. Un ragazzo con la mascherina si aggira, con fare circospetto, per la periferia di una città deserta, il cui silenzio è squarciato solo dal suono delle sirene che ben si armonizza con la musica extradiegetica in sottofondo. I colori sono freddi, verrebbe da dire plumbei. Ma ciò che cattura il nostro interesse è la voglia di scoprire dove il ragazzo sia diretto.
La nostra curiosità è presto soddisfatta: ad un certo punto in un seminterrato, in un garage condominiale, il ragazzo raggiunge il suo interlocutore, anche lui con la mascherina, con il quale intraprende il classico dialogo fra spacciatore e cliente. Ecco, ci siamo, ecco l’ennesimo video sul degrado delle nostre periferie, sul problema della droga, sul problema delle piazze di spaccio, insomma una scena da Gomorra “de noi altri”, senza gli stessi mezzi cinematografici, le stesse risorse economiche e gli stessi attori, come Marco D’Amore e Salvatore Esposito.
Ed invece no!
Perché proprio adesso, al 40° secondo, questo piccolo cortometraggio svolta, con il classico “colpo di scena” che più inaspettato di così non poteva essere. Perché lo scambio di “roba” non riguarda la droga ma un’altra cosa altrettanto “stupefacente”, i libri. Infatti la “roba colombiana” proposta al cliente dallo spacciatore è “Cent’anni di solitudine” del Premio Nobel, appunto colombiano, Gabriel García Márquez. Ed è qui che il corto si sviluppa secondo il suo vero arco narrativo, che non vi vogliamo spoilerare oltre, per non togliervi il piacere di vederlo.
Il messaggio, molto forte, di questo geniale corto di 2 minuti e 45 secondi (ed è di questo che vogliamo parlare) è che in un futuro distopico e dispotico la fame di cultura sarà così tanta da causare non solo problemi di astinenza, ma probabilmente anche quelli relativi alla nascita di un mercato nero, clandestino, della cultura, dove libri, film e spettacoli teatrali verranno scambiati come la marijuana, la cocaina o LSD.
Vi sembra inverosimile???
La solita esagerazione di un gruppo di irriducibili intellettuali italiani, che vogliono farci credere che la cultura sia un bene primario come l’acqua ed il cibo???
No, non è così!
Perché se è vero che dietro questo geniale e godibilissimo cortometraggio si trova un collettivo di animatori ed operatori culturali, l’idea originale dello script appartiene ad un corto francese di qualche mese prima, realizzato da Hugues Duquesne e Kader Nemer dell’associazione “Contre Culture”.
La versione italiana del video è stata montata da Michele Manuali, scritta e interpretata da Edoardo Fucile, in arte Vinyasa, (il protagonista), Alessandro Barzetta ed Elisa Gabrielli, e realizzata con la collaborazione di Marco Carniani, Morena Raggi e Marco Vulcano, ed è stata prodotta dall’Associazione di promozione sociale “Il Pettirosso” di Terni.
La traduzione italiana del cortometraggio, benché molto fedele all’originale, ha permesso agli autori ed attori di inserire riferimenti culturali “indigeni”, come nel caso della sottile, ma efficacissima citazione all’associazione Il Pettirosso, che compare come parte di un titolo dei libri spacciati e con l’omaggio molto riuscito al sommo poeta Dante di cui, ricordiamolo, in questo 2021 si celebrano i 700 anni dalla morte.
Cosa altro dire di questo riuscito esperimento culturale senza togliervi il gusto di vederlo? Poco, perché il rischio spoiler è in agguato e, vista la brevità del media scelto, ancora più incombente.
Questo corto su di me ha avuto, per brevità ed impatto, l’effetto di uno spot, ma non di uno qualunque, ma di una vera e propria “pubblicità progresso”, di quelle che ti lasciano l’amaro in bocca e la voglia di cambiare le cose.
Il cortometraggio Terni, 10 Marzo 2023, pubblicato sui social il 10 marzo scorso, qualche giorno in anticipo (15 marzo) sull’entrata in vigore delle nuove restrizioni da Zona Rossa in gran parte d’Italia, ci ricorda – qualora lo avessimo scordato – che la cultura, oltre ad essere un comparto che dà lavoro a milioni di persone nel nostro Paese, non è qualcosa di cui possiamo fare a meno.
Perché la cultura è, a tutti gli effetti, un bene primario, la cui assenza può generare non solo astinenza, ma anche il proliferare di un mercato nero, più o meno legale, della stessa. Lo sappiamo, la crescita di una domanda sempre maggiore che un mercato “legale” non riuscirà o potrà più soddisfare innescherà naturalmente la nascita di un mercato nero, clandestino, fors’anche illegale, che sarà l’unica e sola alternativa percorribile da chi già adesso, come chi scrive, sente un vuoto incolmabile di arte, musica, cinema e teatro così come li sperimentavamo un tempo: non certo da uno schermo più o meno grande, ma come riti collettivi, nell’allestimento di una mostra, nella confusione di un concerto, nel silenzio di un teatro o nel buio profondo di una sala cinematografica.
Ed allora, fra un mese, fra sei, forse un anno, a seconda della nostra capacità di resilienza, questo corto non ci sembrerà più così assurdo, ma sarà una profezia che si è avverata.
Speriamo di no!
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