Un nuovo equilibrio – L’editoriale di Ivan Zorico

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Venghino signori, venghino.

A giugno Studio Aperto ci ricorda di bere tanta acqua e di non uscire nelle ore più calde, inaugurando ufficialmente l’estate. A luglio iniziano a comparire con insistenza nei nostri feed i post di gente in vacanza, che desidera – vivamente – farci sapere che si diverte, e molto. Nel frattempo la programmazione televisiva ci propina cose di vent’anni fa (quando va bene), con l’assurda idea che tutte le persone per tre mesi siano in giro per il mondo invece che continuare a condurre la stessa vita vissuta sino a maggio, ma con qualche grado in più. Ad agosto poi tocchiamo l’apice: come la peperonata, ci si ripropone in tutte le salse la frase di Sergio Marchionne “[…] ma in ferie da cosa”, con annessi melensi commenti; sui social compaiono i consueti consigli di lettura per le vacanze, fatti anche da chi durante l’anno al massimo legge i bugiardini dei farmaci (e neanche per intero), o in rubriche televisive, sempre posizionate a fine telegiornale, quando ormai tutti hanno già cambiato canale da un pezzo; e, infine, un altro grande classico…contenuti sul cercare di recuperare energie e di rilassarsi dopo mesi di lavoro, perchè per due settimane è bello pensarsi zen; e infine un sempreverde “ne riparliamo a settembre”…ma a questo punto facciamo che ti richiamo io quando mi libero. E poi arriva settembre, con l’immancabile back to school e ripartenze varie, perché alla fine della fiera l’essere zen ha una data di scadenza: settembre, appunto.

Ok, mi fermo qui. Potrei andare avanti così almeno sino a Natale. Ma te lo voglio risparmiare. Abbiamo già sofferto abbastanza questo circo mediatico di cui, attenzione, ormai da anni non siamo più solo vittime, ma assoluti protagonisti con i nostri like, condivisioni e post vari.

Lo so, sono partito un po’ polemico e, se mi leggi su queste pagine virtuali (da ormai 10 anni), ti sentirai un po’ disorientato. Lo so, non è da me. E ti dirò, mi fa lo stesso effetto. Ma volevo cercare di replicare quel senso di straniamento e di flusso continuo in cui può capitare, sempre più spesso, di trovarsi.

Siamo ripartiti alla grande. 

Da quando ci siamo lasciati alle spalle l’emergenza Covid, abbiamo ripreso pienamente ritmi ed abitudini pre covid e la giostra ha iniziato a girare di nuovo a grande velocità. Il tempo rallentato, meditato, è stato sostituito da quello più dinamico, frenetico. Sentendo il bisogno di ritrovare socialità, abbiamo recuperato le ritualità che conoscevamo ed il complesso mediatico è tornato a scandire (come abbiamo visto) il nostro tempo. Forse pure troppo.

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Se è vero che siamo animali sociali, è pur vero che abbiamo esigenze individuali. La società – la collettività – ha i suoi movimenti, i suoi tempi. E noi, come singoli, dobbiamo cercare di trovare il nostro spazio. Non troppo ai margini per non sentirci isolati, non troppo esposti per non sentirci travolti.

Esiste un tempo collettivo ed uno individuale.

Se è vero che siamo animali sociali, è pur vero che abbiamo esigenze individuali. La società ha i suoi movimenti, i suoi tempi. E noi, come singoli, dobbiamo cercare di trovare il nostro spazio. Non troppo ai margini per non sentirci isolati, non troppo esposti per non sentirci travolti. Sembra facile, ma non lo è affatto. Con il digitale siamo sempre chiamati all’azione, sempre ingaggiati, sempre in relazione. Per la paura di restare fuori dai giochi (cfr. Fomo – Fear of Missing Out), rischiamo di non avere più la capacità di uscirne e di trovare il nostro spazio, il nostro tempo. I media sono ovunque, siamo sempre raggiungibili e, come detto, noi stessi contribuiamo a nutrire il sistema. Lavoro e vita privata si sono fusi da tempo. E tutto ciò provoca ansia e forte stress. Facci caso: quanto spesso ti imbatti in pubblicità di farmaci et similia per contrastare stress, ansia e che aiutano a prendere sonno? Per me già questo è un termometro di quello che stiamo vivendo.

Alla ricerca dell’equilibrio perduto.

In tutto questo dobbiamo recuperare il dialogo con noi stessi. Ascoltarci davvero e capire che vita vogliamo vivere. Silenziare il rumore collettivo ed imparare a sentire cosa abbiamo dentro. È difficile raggiungere un obiettivo se non abbiamo una direzione chiara da seguire. Il senso di inadeguatezza, e quella sensazione di non riuscire a gestire bene il proprio tempo e a non dargli profondità, può essere generato dal non sapere chi siamo e chi vogliamo essere, e dal confrontarci costantemente con chi ha (o meglio, mostra) una vita appagata e sempre brillante. Ecco la chiave per un nuovo equilibrio: focalizzarsi su sè stessi e intraprendere un percorso di consapevolezza. 

In questo modo non riusciremo certo a metter fine al circo mediatico, ma almeno non saremo neanche le fiere da esposizione. Il ché mi sembra già un ottimo risultato.

Buona lettura,

Ivan Zorico

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