Ci siamo!
Come cantavano i Righeira una trentina di anni fa, “L’estate sta finendo e un anno se ne va. Sto diventando grande lo sai che non mi va. In spiaggia di ombrelloni non ce ne sono più. È il solito rituale… ”, ovviamente, la canzone era dedicata ad un amore estivo destinato a finire, ma credo che il discorso si possa ampliare anche al nostro ritorno alla routine.
Che bella parola “routine”!
L’etimologia, come ci ricorda il sito della Treccani, viene dal francese “route” ossia strada e la prima definizione è particolarmente indicativa del reale significato di questa parola, che spesso associamo alla noia.
Infatti la Treccani ci dice che:
f., fr. [der. di route «strada»]. – 1. Pratica, esperienza (abilità che si è acquistata per mezzo dell’esperienza e non attraverso le regole e lo studio). […]
Quindi tornare alla routine vuol dire tornare a percorrere quella “strada” che ci permette di raggiungere un sapere fatto di esperienza e pratica che ci porta all’eccellenza.
Mi è sempre piaciuto esplorare il significato e l’origine delle parole, si scoprono sempre cose interessanti, se non proprio entusiasmanti, come l’esempio a cui ho appena accennato.
Chi l’avrebbe detto che la routine è una parola positiva?
Certamente in pochi, negli ultimi anni tornare al lavoro (e nelle nostre case di residenza) dopo le ferie è quasi sinonimo di tornare in prigione. Ora, non voglio fare come quelli che ci raccontano la favoletta che “se fai il lavoro che ti piace, non lavorerai un giorno della tua vita”, credo, molto più onestamente, che ognuno di noi dovrebbe svolgere al meglio il lavoro che ha, fare bene il proprio lavoro non è una cosa affatto scontata e, nel nostro paese, ahimè, anche abbastanza rara.
Forse, e dico forse, il vero segreto per la felicità e per ritrovare un nuovo equilibrio non è per forza trovare il lavoro o svolgere il compito che ci piace, ma è farci piacere il lavoro e il compito che abbiamo.
Ma poi il vero problema, ops scusate, la vera difficoltà non è tanto la ricerca della felicità, che, come ci ha definitivamente insegnato Paul Watzlawick nel suo provocatorio “Istruzioni per rendersi infelici”, è in realtà a portata di mano ed anzi già ampiamente presente nelle nostre vite, ma è capire quanto siano limitate, in termini di tempo, le nostre vite.
Perché, se poniamo una vita media di 80 anni, avremo poco più di 4000 settimane da investire in quello che davvero ci interessa, ci da gioia e ci arreca benefici.
Quindi, voi capite che la risorsa più preziosa che abbiamo non è il nostro conto in banca, né la nostra macchina in garage e neanche la casa in cui viviamo, ma è proprio il tempo che ci è dato da vivere.
Scopri il nuovo numero: “Un nuovo equilibrio”
Se è vero che siamo animali sociali, è pur vero che abbiamo esigenze individuali. La società – la collettività – ha i suoi movimenti, i suoi tempi. E noi, come singoli, dobbiamo cercare di trovare il nostro spazio. Non troppo ai margini per non sentirci isolati, non troppo esposti per non sentirci travolti.
E qui torniamo alla routine e chiudiamo il cerchio.
Credo che scegliere attentamente la propria routine, rivoluzionarla o cambiarla, se necessario, per esplorare nuove strade da percorrere, è il primo passo che dobbiamo compiere se davvero vogliamo raggiungere “un nuovo equilibrio”, che poi è il tema, ed insieme l’augurio, di questo numero del nostro magazine.
E dopo un editoriale così “ispirato”, non potevo lasciarvi senza la mia solita citazione, questa volta la prendo in prestito dal grande scrittore e speaker motivazionale statunitense Zig Ziglar:
“La mancanza di direzione, non la mancanza di tempo, è il problema. Abbiamo tutti ventiquattro ore al giorno”.
Buon ritorno alla vostra “routine” e buona lettura a tutti voi.
Raffaello Castellano
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