Simona De Bartolomeo (107)
L’arte è solo un quadro in una galleria? Gli ultimi decenni ci hanno mostrato come il mondo dell’arte oggi non si avvalga più soltanto di dipinti e sculture, ma si esprima attraverso modalità sempre nuove e diverse, utilizzando strumenti talvolta molto lontani dall’ambito artistico. Questo è il caso dell’artista concettuale tedesco Aram Bartholl, che lega il suo modo di fare arte al mondo del virtuale.
Sono famose le sue opere “Forgot your password?”, un libro di otto volumi in cui sono state trascritte, in ordine alfabetico, milioni di password rubate dal portale LinkedIn e “Map”, l’installazione di enormi segnaposto di Google Maps, posizionati al centro di diverse città del mondo.
Aram Bartholl, che con le sue opere vuole mostrare quanto sia semplice fondere lo spazio pubblico con quello privato, ha dato vita ad un’altra opera di street art, che sta assumendo proporzioni vastissime. E’ il fenomeno del “Dead Drop” (metodo con cui le spie si scambiavano oggetti, lasciati in luoghi pubblici, senza mai incontrarsi), che consiste nell’inserire nei muri delle chiavette usb fissate con il cemento.
L’obiettivo dell’artista è permettere a chiunque di scambiare e condividere informazioni in maniera totalmente anonima, senza il vincolo della connessione internet, in uno spazio pubblico, gratuitamente.
Da allora possiamo veder sbucare pen drive dai muri di numerose città, da New York (dove è nato il progetto) a Parigi, da Sydney a Roma. Il Dead Drop, in continua espansione, ha l’obiettivo di permettere a chiunque di lasciare la propria traccia, di condividere il proprio vissuto con qualsiasi persona pronta a ricevere queste informazioni. La mossa da fare è semplicemente collegare il portatile alla chiavetta, curiosare, lasciare e prendere ciò che ci piace, dalla musica alle immagini, dalle poesie ai video.
Nel campo delle arti può essere un mezzo veloce ed innovativo per far conoscere le proprie opere e magari intercettare qualcuno interessato ad investire sul talento. Un’interpretazione possibile è anche quella di tramandare ai posteri qualcosa che riguardi la nostra epoca, una sorta di reperto 2.0.
Sicuramente questa libera condivisione è un’idea incredibile, ma comporta anche dei rischi, come il danneggiamento fisico della pen drive, la cancellazione di tutti i dati presenti al suo interno o, il peggiore, l’inserimento di un virus con l’obiettivo di infettare tutti i portatili o smartphone che si collegheranno successivamente.
Qual è il futuro di questo metodo di file sharing non possiamo saperlo, ma sicuramente ha portato un cambiamento nel modo di cercare e trasmettere informazioni, che non avviene più soltanto nella propria stanza, ma per le strade di tutto il mondo.
Sito internet Aram Bartholl www.datenform.de