Sostenibile è la caratteristica che più si richiede ad un prodotto nel mercato contemporaneo, anche nel settore della moda, accusato di essere uno dei più inquinanti nelle economie industrializzate.
La moda è infatti guidata da una logica “usa e getta”, che troppo frequentemente influisce negativamente sull’inquinamento globale e sullo sfruttamento dei lavoratori. Preoccupati di seguire il fast fashion, (che propone più collezioni anche nello stesso mese, spesso low cost), i consumatori si buttano in acquisti compulsivi, dettati da ritmi veloci, gettando via troppo velocemente vestiti ancora in buono stato.
Diciamolo con sincerità, forse siamo tutti un po’ Carry Bradshaw (nota protagonista della celeberrima serie Sex and the City), quando pronuncia “adoro il mio denaro esattamente lì dove posso vederlo…appeso nel mio guardaroba”.
I social media, proponendo innumerevoli tendenze, influiscono non poco su questa filosofia, enfatizzando, tra l’altro, il concetto espresso dal sociologo tedesco Georg Simmel nel 1910, nel libro “La Moda”, “[…] il vero fascino, stimolante e piccante della moda, sta nel contrasto fra la sua diffusione ampia e omnicomprensiva, e la sua rapida, fondamentale caducità […] appaga il bisogno di diversità, la tendenza alla differenziazione, al cambiamento, al distinguersi”.
Il ruolo del consumatore a favore della sostenibilità
Se è vero che il consumatore dell’attuale mercato è voglioso di essere “alla moda”, e propenso all’acquisto veloce, allo stesso tempo, è anche consapevole della necessità di acquistare con consapevolezza.
Pur volendo fare shopping, appunto, come Carry Bradshaw, non possiamo negare di essere consci delle difficoltà che il nostro pianeta sta vivendo. È difficile non chiedersi: perché un capo costa così poco? Che materiale è? Chi lo ha cucito?
I clienti sono più attenti al rapporto prezzo-qualità, richiedono garanzie sulla qualità del prodotto e dei materiali utilizzati, e un comportamento responsabile dell’azienda, tracciabile lungo l’intera filiera di produzione e distribuzione, riguardo alle emissioni inquinanti. Ma non solo, ecosostenibilità vuol dire anche rispettare la società, producendo nel rispetto umano, senza sfruttamento della forza lavoro e stabilendo eque remunerazioni.
Dall’economia lineare all’economia circolare
L’attenzione del consumatore rappresenta un elemento di svolta importante, che può guidare il passaggio all’auspicabile economia circolare.
Cosa vuol dire?
Esattamente fino ad ora il settore moda ha lavorato in un’ottica economica di tipo lineare: compro-uso-getto. E se invece passassimo ad un’ottica compro-uso-rivendo? Rivendere i vestiti (ovviamente in buono stato), o darli indietro alle aziende, potrebbe permettere di ricavare tessuti rigenerati, riducendo gli sprechi, e contribuendo ad un orientamento ecosostenibile.
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Secondo lo studio della Circular Economy Action Plan della Comunità Europea, il settore tessile è il quarto per uso di materie prime e acqua; il quinto per emissioni di gas effetto serra. L’Agenzia Europea dell’Ambiente, specifica che è il settore responsabile del 10% delle emissioni mondiali di carbonio.
Le app e la rivoluzione second-hand
Ultimamente il mercatino dell’usato sembra essersi spostato online grazie al boom delle app, uno dei tanti effetti consequenziali alla pandemia, visto che con il tanto tempo passato in casa, molti ne hanno approfittato per dare una ripulita all’armadio.
Senza aprire un proprio e-commerce, ma appoggiandosi semplicemente a delle app, si possono vendere i propri capi di abbigliamento e accessori, contribuendo, in tal modo, allo sviluppo dell’economia circolare. Se qualcuno è infatti interessato ad un nostro pezzo di vestiario può contattarci direttamente tramite l’app per contrattare il prezzo. In questo modo il capo ha la possibilità di vivere una seconda vita.
Secondo un’indagine di Zalando, oltre il 60% degli intervistati ritiene importante che i capi abbiano una seconda occasione. Global Data conferma questa tendenza positiva prevedendo che il mercato second hand passerà da 28 miliardi di fatturato del 2019 a circa 64 miliardi nel 2024.
Importante risulta essere la presenza di abbigliamento e accessori vintage, i brand di lusso occupano infatti gran parte delle vendite sulle app. Secondo True Luxury Global Consumer Insights di Altagamma-Bcg, i consumatori di lusso stanno partecipando attivamente alla compravendita di seconda mano, registrando circa il 62% delle vendite derivanti dalle app.
Un’indagine realizzata da Thredup (piattaforma di seconda mano), ha rilevato che, negli USA, 33 milioni di persone ha acquistato per la prima volta abbigliamento usato nel 2020, e di questi, il 76% dichiara di pensare di aumentarne la quota nei prossimi 5 anni.
Siete curiosi di sapere quali sono le app più utilizzate?
Vinted: creata in Lituania nel 2008 da Milda Mitkute e Justas Janauskas, oggi conta più di 37 milioni di iscritti, classificandosi come la prima piattaforma europea nella moda di seconda mano. L’idea fu di Justas per aiutare Milda a disfarsi di alcuni abiti durante un trasloco. L’app, che non è responsabile del pagamento che avviene tra i contraenti, non prevede costi di commissione per il venditore, la cui spedizione è a carico del compratore.
Depop: fondata da Simon Beckerman a Londra, e rilevata nel 2021 da Etsy. Una delle app più pubblicizzate del periodo, al momento conta più di 26 milioni di utenti in 147 paesi, vi si possono caricare foto dei vestiti, per vendere o scambiare. Ha un’interfaccia simile ad Instagram e permette l’utilizzo di filtri per rendere le foto più interessanti.
Wallapop: nata in Spagna nel 2013, arrivata in Italia nel 2021, ha spopolato tra gli utenti in pochi mesi, arrivando a circa 18 milioni di iscritti. “L’obiettivo è puntare alla sostenibilità, all’economia circolare” sottolinea Giuseppe Montana, Head of Internationalization dell’azienda, su un recente articolo del Corriere della Sera.
Shpock: app di origine tedesca lanciata nel 2012, con un’impostazione grafica, anche in questo caso, simile a quella di Instagram, ha attirato più di 10 milioni di iscritti, risultando tra le più scaricate anche in Italia.
Zalando second-hand: nata recentemente, nel settembre 2020, in due anni è passata da 20.000 articoli a 200.000. lo scambio non avviene in denaro ma in crediti, spendibili all’interno del sito.
Greenchic by Armadioverde: ideato nel 2015 da David Erba ed Eleonora Dellera. Si occupa di tutto l’iter logistico della compravendita al posto dei clienti, effettuando il ritiro presso la propria abitazione e consegnandolo all’acquirente.
Vestiarie Collective: app francese fondata nel 2009, utilizzata da oltre 5 milioni di utenti nel mondo, specializzata nella compravendita di brand famosi di cui certifica l’originalità.
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